L’invecchiamento della popolazione è una delle sfide più significative che il mondo affronta nel XXI secolo. In Italia, la quota di cittadini di età superiore ai 65 anni è in costante crescita, prevedendo di raggiungere il 35% entro il 2050. Questo profondo cambiamento demografico presenta nuove sfide che coinvolgono anziani, famiglie e l’intera società.
Eppure, in questo scenario in continua evoluzione, c’è una luce brillante che promette di migliorare la vita degli anziani in modo straordinario: la tecnologia digitale. I dispositivi e i servizi digitali stanno aprendo nuovi orizzonti, permettendo agli anziani di:
Mantenere Indipendenza e Autonomia: La tecnologia assistiva offre un sostegno prezioso per compiti quotidiani come cucinare, fare la spesa, lavarsi e vestirsi. Inoltre, attraverso dispositivi digitali, gli anziani possono rimanere informati, partecipare ad attività sociali e rimanere in stretto contatto con amici e familiari.
Ridurre i Costi Sanitari: L’utilizzo di dispositivi digitali consente il monitoraggio continuo della salute, il rilevamento tempestivo di problemi e la fornitura di assistenza a distanza. Questo non solo migliora la qualità della vita, ma contribuisce anche a ridurre la necessità di costose cure mediche tradizionali.
Migliorare la Qualità della Vita: La tecnologia stimola l’attività mentale e offre nuove opportunità per il coinvolgimento in attività significative. Inoltre, crea connessioni sociali e un senso di appartenenza, abbattendo il muro dell’isolamento e della solitudine.
Ecco alcuni esempi concreti di come la tecnologia digitale può rendere concreto il miglioramento della vita degli anziani:
Assistenza Personale Avanzata: Robot e dispositivi specializzati possono assistere gli anziani con disabilità nelle attività quotidiane, come vestirsi, mangiare o fare la doccia.
Monitoraggio della Salute: Braccialetti e dispositivi indossabili misurano parametri vitali come la pressione sanguigna, il battito cardiaco e l’attività fisica, garantendo un monitoraggio costante della salute.
Accesso alla Cultura e alla Formazione: Le piattaforme online consentono agli anziani di partecipare a corsi, gruppi di supporto e eventi culturali, espandendo le loro prospettive e interessi.
Naturalmente, affrontare queste opportunità richiede attenzione e considerazione. È fondamentale:
Garantire l’accessibilità e l’usabilità, in modo che tutti possano beneficiare delle soluzioni digitali, indipendentemente dalle loro capacità o abilità motorie.
Combattere l’esclusione digitale, garantendo che tutti gli anziani abbiano accesso alla tecnologia e le competenze necessarie per utilizzarla in modo efficace.
Proteggere la privacy e la sicurezza, poiché gli anziani possono essere più vulnerabili agli attacchi informatici e alle violazioni della privacy
In conclusione, la rivoluzione digitale offre un’incredibile opportunità per migliorare la vita degli anziani, ma va affrontata con responsabilità e lungimiranza. Il dialogo aperto tra esperti, decision maker e la società civile è cruciale per garantire che la tecnologia digitale sia utilizzata in modo efficace e sicuro, permettendo agli anziani di diventare protagonisti attivi nella società moderna. Sfruttando appieno questa straordinaria potenzialità, possiamo illuminare il futuro degli anziani e rendere la loro esperienza di invecchiamento un’opportunità di crescita e realizzazione.
La privacy tra vantaggi e abusi in casi come quello di ChatGPT
La caccia alle streghe della privacy
Stefano Rodotà “il primo Garante della Privacy” (con cui ho avuto il piacere di collaborare alla stesura dei codici deontologi della 196) mi ed ha insegnato che la privacy è lo strumento più importante per tutelare la libertà dell’individuo nel suo agire ed esprimersi, senza essere sottoposto a preclusioni o preconcetti che limitino il giudizio altrui.
Nel diritto all’anonimato, Rodotà portava ad esempio la possibilità che una giovane ragazza di colore non sarebbe mai stata accettata nel proporre un nuovo concetto o approccio finanziario se lo avesse fatto in un contesto composto da signori di una certa età, all’interno di una cerchia ristretta dell’ambito finanziario.
E’ scontato inoltre fosse più importante ascoltarla come portatrice di un nuovo contributo di valore, non influenzata dalle scelte e dal pensiero degli esperti operanti in quel campo, i quali valutavano l’impatto di ciò che veniva espresso sulla base della loro esperienza storica. Infatti, ogni apporto proveniente da un contesto diverso o nuovo, probabilmente ha un maggior valore in termini di visione e vantaggio o valore aggiunto, rispetto a quelli espressi da coloro che vivono o sono stati preposti a farlo per un maggior tempo.
Di conseguenza, sarebbe stato più importante garantire l’anonimato alla giovane ragazza di colore, in modo che potesse presentare la sua tesi come un distinto uomo di mezza età di Wall Street con una storia di successo nell’ambito finanziario, indipendentemente dai problemi che ciò avrebbe potuto generare. In questo ultimo senso è risaputo che l’anonimato online può incoraggiare l’abuso delle risorse di rete.
In passato, alcuni politici hanno proposto l’idea di autenticare la presenza sui social network con documenti per evitare la possibilità di pubblicare contenuti senza poter essere riconosciuti, ma ciò avrebbe limitato la libertà di espressione. Allo stesso modo, alcune aziende hanno introdotto obblighi di pagamento per limitare l’abuso delle loro piattaforme online.
Un esempio recente è l’inibizione dell’utilizzo del QR code della vaccinazione COVID da parte del garante della privacy italiano, per evitare la tracciabilità delle informazioni personali. Tuttavia, questo ha creato una situazione di svantaggio per coloro che non erano vaccinati, che potevano essere esclusi da locali o dal posto di lavoro, nonostante la loro libertà individuale.
In questi giorni è stato deciso di limitare l’uso dell’intelligenza artificiale in Italia a causa delle preoccupazioni riguardo alla raccolta di dati personali, ma ogni volta che navighiamo in rete o utilizziamo un motore di ricerca, lasciamo tracce di informazioni che possono essere utilizzate per profilare i nostri interessi.
È giusto chiedersi se sia necessario limitare l’uso della rete o imporre vincoli normativi costosi per proteggere contro presunti abusi o se sia meglio promuovere la libertà di utilizzo degli strumenti tecnologici, con la consapevolezza dei rischi connessi?
Pertanto la domanda che sembra lecita porsi è: vale la pena di perseguire atteggiamenti inibitori dell’uso della rete o l’imporre vincoli normativi da rispettare spesso onerosi, come la lotta alle streghe a tutela e difesa di presunti abusi o del fatto di poter essere turlupinati nella nostro ingenuo utilizzo della tecnologia? Oggi, come ieri facevano nella santa inquisizione i religiosi asserviti ai forti dei poteri conservatori a cui dovevano dar ragione di vita e di nomina, o è il caso di pensare ad una libertà di culto e pertanto di utilizzo degli strumenti tecnologici per tutti i vantaggi che questi possono portare alla collettività consci di tutti i possibili abusi che se ne possono fare e pericoli correre?
E’ preferibile tenere il figlio o te stesso al sicuro sotto una campana di vetro, invece di mandarlo al parco o usare la tecnologia e internet, per paura di infezioni o potenziali malintenzionati? Oppure, preferire insegnare al figlio come evitare i pericoli, sia al parco che online, dopo aver compreso il problema e i rischi associati ad ogni situazione e luogo che affrontiamo quotidianamente?
Ovvio il comprendere che il tutto passa prima dal dover conoscere noi stessi, il problema e i pericoli, presenti in ogni cosa, luogo, momento del nostro vivere di ogni giorno.Questo fa la differenza ed è il significato interpretativo di ciò che accade o subiamo per il volere di altri.
Versione su canali PODCAST, SOCIAL NETWORK, SISTEMI DI MESSAGGISTICA, IN WEB e ripubblicazioni:
La BlockChain (catena di blocchi) è un registro informatico aperto.
Ogni utente che partecipa al registro è connesso con tutti gli altri e detiene una copia di una sorta di libro mastro, chiamato blockchain. Nella blockchain sono registrate tutte le transazioni di tutti gli utenti di sempre, da quando quella catena è stata usata per la prima volta. Per far ciò la blockchain è aperta e consultabile da chiunque la utilizzi.
È autosufficiente, decentralizzata, non richiede un’autorità che ne approvi le operazioni perché sono le sue stesse operazioni, per il modo in cui sono fatte, a essere autolegittimate.
Ciò è possibile perché ogni singola transazione risiede all’interno di una catena di blocchi che dall’ultima risale alla prima assoluta, e perché ogni utente della catena è sempre a conoscenza di tutte le altre operazioni che vengono fatte dagli altri utenti (con i Bitcoin, per esempio, questo serve a evitare che qualcuno usi lo stesso Bitcoin per pagare due cose diverse).
Ogni transazione sulla catena genera un blocco che a sua volta suggerisce un nodo a cui agganciare il prossimo blocco (la prossima transazione). Ogni modifica di un blocco, che non sia una transazione, ha ripercussioni su tutti i blocchi precedenti, distruggendo così la stessa catena. Non si può manomettere una cosa del genere.
Il primo sistema a “blocchi di hash” risale al 1991 ma il tipo più utilizzato oggi è quello descritto e realizzato da Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo dietro l’inventore (o gli inventori) del Bitcoin, ideato nel 2008 in un libro bianco e implementato l’anno dopo.
Il Bitcoin della Blockchian significa produrre una stringa di lettere e numeri
Al massimo ne esiteranno di 21 milioni di varianti, di cui l’80% sono stati “minati” (si dice cosi l’attività d’elaborazione di un sequenza di caratteri sconosciuta) nei 10 anni già passati, in base ad una regola che ne determina la validità e una procedura di confronto che ne determina l’unicità.
Possiamo calcolare lo sforzo elaborativo per produrne i mancanti 20 %, da cui potrebbe derivare un costo da sostenere e per cui un valore . Produrli è difficile al pari di trovare un francobollo o un conio di una moneta rara. Questi ultimi creati e stampati involontariamente in modo errato, per questo storicamente rari, dove più lo siano più ne sale il valore. Per cui coniare l’ultimo BitCoin (trovare la combinazione di caratteri valida che nessuno ha mai minato) potrà dover costare molta potenza di elaborazione.
Cercare su questa base d’ipotizzare che sostituisca le monete, o valute come la conosciamo, è la speranza della sua stessa forma elettronica (seppur maggiormente duttile ad essere divisa in piccole parti di minor valore) nel non consentite di continuare a coniarne nuova moneta, come accade senza limiti da parte di quelle strutture che vengono definiti stati.
La prospettiva di valore si basa su un nuovo modello: si basa su un limite finito e non illimitato come avviene per il normale conio di moneta. Sottraendo cosi la possibilità di essere unici attori “di orrori e benefici collettivi”, in virtù di un limite fisico tecnico intrinseco. Recentemente gli stessi promotori hanno anteposto la possibilità di illimitarne la produzione, con nuove versioni che si chiamano in modo nuovo, vestendosi di possibili nuovi esclusivi o alternativi interessi d’uso quale misurazione di valore.
L’insieme di questa nuova condizione, non più come unica produzione limitata, configuratasi come più cripto valute prodotte,preconfigura uno scenario nuovo, ma in parte già vissuto, con le varie valute nazionali, locali o sostitutive, preconfigurando un ordinamento (già oggetto di regolamentazione che ne influisce pesantemente sul suo valore quotidiano), relazionandole in corso e confronto di valore. Una serie variegata di valute diverse (anche se simili per tipo di conio) il cui valore viene ad essere soggettivo e sicuramente risultante sempre di più di improbabili stime condivise, ridotte alla stima soggettiva dell’uso o meglio ricerca d’acquisto o trattazione.
Ne deriva l’interesse di divenire elemento della valutazione soggettiva o di scommessa sul suo valore, ma in misura e modalità tradizionale di speculazione finanziaria (leggi Feature, o Futures come scrive wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Futures), compensando ed alimentando di nuova opportunità economica il mondo preesistente, che poteva essergli nemico e sostitutivo delle valute come le conosciamo.
Addomesticato, il Bitcoin (e le cripto valute), compenserà e remunererà, al pari di ogni speranza di crescita o decrescita del valore, come le spighe di grano o altra materia o materiale, un economia sempre più lontana dal reale. A cui il Bitcoin forse poteva aspirare ad essere nuovo attore ed antogonista, del misurare lo scambio di merci e servizi.
Questo non vuol dire che il Bitcoin nel prossimo futuro fermi la corsa a crescerne il valore, o ne sia prevedibile il suo decrescere e stabilizzarsi, alimentando speranze di ricchezze facili o di perdite notevoli inattese e non annunciate. Ma potrebbe trovarsi ad essere servo e strumento indirettamente delle valute tradizionali. Venendo meno il motivo per cui era stato creato, per lo stesso scopo che oggi più di sempre è il mondo economico: una serie di numeri scritti su dispositivi informatici visualizzati in nero o in rosso per indicare se li si possegga o siano debiti.
Ma dove nasce e cresce il Bitcoin e le cripto valute in genere ? Sulla BlockChain, un modello tecnologico d’archivio informatico di cui è l’applicazione regina (killer application), con cui convive e si finanzia reciprocamente. Ogni Bitcoin o altra cripto valuta coniata ed usata è la validazione del valore di questa tecnologia o logica di memorizzazione dei dati in forma condivisa e diffusa, autovalidante in ciò che sia accaduto.
Ognuno in possesso di un cellulare installa applicazioni per ogni cosa, ma il 75 % non vengono utilizzate. Arrivano i BOT di Telegram e qualcuno ha urlato e scritto che “le APP sono finite”.
Un titolo strillato per richiamare l’attenzione su un nuovo elemento, che tutti gli operatori di messaggistica cellulare stanno implementando. Potrebbe essere la nuova rivoluzione nei cellulari, come sistema di alert o di fornitore di infomazioni e funzionalità : i BOT
Non basta più la sola messaggistica tra utenti, che hanno fatto la fortuna di WhatsApp o Messanger di Facebook.
Non bastava Snap Chat a rubare utenti (che negli Stati Uniti tra i teenager ha più utenti di Facebook). La cui caratteristica è quella di perdere memoria di quanto spedito e consente di mandare messaggi e fotografie senza lasciarne traccia sul nostro cellulare. (manco alla mamma o al compagno/a quando te lo controllasse)
Per arginare il problema, ai programmi di messaggistica per cellulari, non basta più rilasciare versioni d’utilizzo sui computer. Ha ceduto anche il più noto e diffuso WhatsApp, che resisteva ad essere utilizzabile solo per dispositivi mobili. Ma anche questo non basta.
Un altro programma di messaggistica insidia tutti Telegram
La prerogativa di quest’ultimo d’essere considerato sicuro, ne aveva fatto nel periodo “fermo” di WhatsApp (avvenuto a pochi giorni di distanza della acquisizione da parte di Facebook) un successo di download ! Qualcuno ha pure provato la sua “non assoluta sicurezza crittografica” nei messaggi. Ma ne è bastata le presunzione, quale fattore di successo, per diventare una funzione implementata anche da WhatsApp
Cosa fa allora di Telegram la grande rivoluzione ? I BOT, cosa sono e come funzionano ?
A parte messaggiare in modo sicuro, seguire gruppi e quanto altro fanno gli altri programmi di messaggistica, basta cercare le nuove funzionalità dei BOT utilizzando la barra dei contatti (ponendo la @ davanti al nome del BOT) per accedere ad un nuovo mondo di molteplici applicazioni.
@chiamato – consente di ricevere la segnalazione sul proprio cellulare, ove si sia stati chiamati mentre si era in zona non coperta o occupati in altra telefonata. la funzione d’avviso è recentemente divenuta onerosa da parte da parte dei gestori di telefonia mobile ed ora torna così torna ad essere gratuita.
@vkmusic – consente di cercare e scaricare musica per autore, album , titolo
Non occorre farsi prendere la mano, è necessario controllate sempre prima cosa facciano (es: http://www.telegramitalia.it/naturismo/ ) per non trovarsi il cellulare pieno di avvisi e iscrizioni a gruppi, magari che appaiono come messaggi ricevuti sul cellulare nel momento meno opportuno.
Forse vedremo i BOT essere la risposta operativa di “avviso” per i dispositivi ed i sensori “IOT”, quando a casa nostra o nei dintorni succede che… o consentano velocemente e nel modo migliore di …
Non sostituiranno le APP, ma sono un valido supporto per il nostro cellulare nell’iterazione con il mondo digitale e non. A tal punto che tutti i sistemi di messaggistica sono corsi ai ripari annunciando il loro prossimo supporto ai BOT.
Una finestra aperta ad avere in tasca un “maggiordomo” che avvisa di ogni cosa che accade. Forse il terminale di tanti dispositivi IoT (Internet of Thing.. delle Cose) che caratterizzeranno il nostro futuro, monitorato, controllabile e programmabile, in ogni cosa e fatto che accada vicino, intorno a noi, in rete …
Un nuova rivoluzione, che vale la pena di seguire sul nascere, per capire e interpretare, senza farci trovare analfabeti e superare l’ignoranza digitale ?
Viviamo ogni giorno innovazioni che hanno cambiato il nostro modo di vivere, con molte ricadute anche economiche sulla nostra quotidianità.
Ma è sempre successo cosi. Nel passato impiegavano decenni per essere introdotte.
Abbiamo avuto modo di studiarle a scuola: dal telegrafo senza fili all’introduzione della elettricità. Prodotta o stoccata nelle pile o accumulatori, usata per illuminazione o trazione, per arrivare alla radio e televisione.
Alcune evidenti innovazioni, come il colore in TV o in altre tecnologiche, sono state evoluzione e preclusione di altre funzionali, come la sostituzione del tubo catodico con lo schermo a LED, che ha consentito l’alta definizione e la tri-dimensionalità nelle immagini televisive, creando nuovi mercati e occupazione.
Altre accessorie e di comodità, quali il telecomando che ha favorito il proliferare di canali tematici ed il suo facile zapping, per indurci ad arrivare alla parabola e alla tv on demand, ammazzando tecnologie recenti come la video cassetta, ed il cd a nolo dei film.
Mercati che hanno vissuto una vita breve, divenuti obsoleti nel giro di pochi anni
Hanno introdotto le vere rivoluzioni culturali, nel potere fruire e godere d’immense librerie di contenuti ed intrattenimento, spesso prodotti in diretta per assistere a momenti epocali dal proprio divano: la rivoluzione in Romania, le guerre, le catastrofi, scontri politici e fatti che hanno condizionato il globo con il filtro che l’informazione ha saputo applicare o agire o film che hanno accresciuto il nostri bagagli culturali e di conoscenza.
L’accelerazione dell’innovazione tecnologica supera i tempi di consolidamento
per arrivare a soluzioni d’esigenze fino al giorno prima irrisolte o addirittura non emerse nel consolidare quelle appena introdotte. L’avvento del cellulare ed internet sono solo gli ultimi esempi per come il mezzo innovativo, inteso come prodotto, sia solo lo strumento con cui le masse ed interessi implementano nuove forme di business, intrattenimento e condizionamento della vista quotidiana o la sua stessa evoluzione. Aumento di cultura e conoscenze, che non sempre portano a creare nuovi posti alla velocità in cui rendono desueti altri mercati, in contropartite che non sempre si bilanciano.
La distanza, la fruibilità, la velocità, l’interazione sono stati gli elementi cavalcati per superare barriere, abbattute dallo sviluppo delle tecnologie digitali, rimanendo saldi alcuni principi e vincoli che l’umanità ed il complesso delle cose non riusciva a superare, confinati sul terreno delle caratteristiche storiche o fisiche che governano le relazioni e tutto quanto ne consegue del vivere quotidiano.
Non è solo l’ambito della comunicazione ad esserne fruitore e vittima.
L’avvento nei processi manufatturieri, inizialmente con l’introduzione del controllo numerico e recentemente delle stampanti 3D, affermati strumenti per migliorare l’aspetto produttivo, hanno e stanno rivoluzionando il modo del lavoro fisico e del produrre. Ponendo seri problemi anche di modello, con ricadute sociali, per quella voce che chiamiamo lavoro e fonte del reddito quotidiano di molti abitanti di questa terra, che insieme all’evoluzione dei sistemi di trasporto, contribuiscono oltre a far mangiare in Europa le ciliege fatte in Sud America, minano ulteriormente equilibri contribuendo a delocalizzare il lavoro.
Macchine e strumenti che risolvono aspetti della produzione seriale in grandi volumi della produzione o del soddisfare la prototipazione e la stampa di pochi pezzi personalizzati e riprodotti, introducendo il mercato della dematerializzazione del prodotto.
Rivoluzione della logica del produrre, immagazzinare, spedire, consegnare i prodotti. Ponendoci alle porte di una nuova fase industriale ben riassunta nella frase “se vuoi il mio prodotto ti mando il file e stampatelo” o nell’alimentazione con dispositivi che arrivati a casa sanno e hanno prodotto il cibo adatto alla quantità di calorie consumate nelle giornata, secondo i propri migliori gusti o il fabbisogni di una sana alimentazione.
Molte e tante di queste innovazioni migliorano la vita e moltiplicano possibili scenari futuri.
S’introduce internet delle cose, consci sia l’anticamera della “pratica degli avvisi”. Un telefono Android, di cui s’utilizzi la comoda agenda, è facile avvisi di dover anticipatamente il partire causa un incidente accaduto sul percorso. Ma chi vieta che inviti a fermarsi a acquistare un capo lungo il percorso in offerta o non possa suggerire tutto quanto sia “il preferibile vivere o fare” sulla base dei mi piaci in gusti e preferenze espresse, raccolte e censite dai nostri stessi comportamenti in rete e nei nostri spostamenti, segnali in informazioni elaborabili per arrivare a calcolare il nostro modo di essere ed a consigliare chi votare, cosa comprare, dove andare. Riconoscendogli il ruolo di miglior amico e consigliere, che sa tutto e meglio indirizza noi stessi e la nostra capacità cosciente di vivere, elaborare, pianificare la nostra vita.
La caduta delle monete locali, delle frontiere e la globalizzazione, le connessioni alla rete contribuiscono e portano sempre maggiormente ad abbattere quei confini che vincolano il nostro modo di vivere, conoscerci, parlarci, crescere. Per avere ricadute su noi stessi e chi sta intorno a noi. Restano alcuni baluardi nella differenze culturali e linguistiche, per altro contaminabili nel modo dell’informazione, o degli esodi di massa per fame e lavoro, o da quello globale dei prodotti e della finanza, che ci caratterizzano e differenziano.
Uno di questi aspetti è la lingua parlata, con cui le persone si relazionano.
Forti che una lingua possa essere il riferimento per tutti. Le economie prevalenti che l’hanno propria, sono predominati, quali aggregatori o incroci culturali e politici di tutte le altre. Ma forse anche qui siamo alle porte dell’innovazione tecnologica che tende uno sgambetto alla posizione di rendita, linguistica di alcune popolazioni e territori, travestita da comodità d’uso.
Conosciamo ed usiamo tecnologie che leggono il testo o viceversa, ascoltano e rendendo testuale il parlato. Una semplice applicazione da cellulare riconosce il testo scritto in qualsiasi lingua, consentendoci di leggere nella nostra lingua madre, in tempo reale sul display del nostro telefonino o applicata agli occhiali che indossiamo. La stessa tecnologia suggerisce agli ipovendenti oggetti e riconosce persone. Guidando o controllando meglio di noi stessi le auto o i mezzi con cui ci muoviamo.
La sensazione di poter dialogare, con l’intermediazione di un traduttore simultaneo tecnologico, che è una recente innovazione introdotta in skype, supera ogni fantasia nel renderci liberi di essere cittadini del mondo, interloquire con popoli diversi senza un referente unico, con una modalità diretta ed immediata, non filtrata e non intermediata, non modulata e spesso involontariamente viziata da colui che la diffonde. Consentendo inserire un ulteriore elemento di conoscenza nelle nostre relazioni anche personali.
Il messaggio del Papa potrà essere ascoltato in ogni lingua del mondo in tempo reale al pari del discorso di un rappresentante universale (o di un stato predominante) al cospetto della popolazione della terra. Ma anche di un terrorista o di una madre che piange la morte del figlio o del singolo che dia ragione di uno stato o fatto. Documentando, giustificando e motivando le ragioni che hanno portato a comportarsi in quel modo o in quella situazione, che oggi leggiamo e conosciamo mediate e filtrate da chi le fa conoscere a noi, spesso condizionate da elementi che consentano una sostenibilità propria nel farlo. Ma sopratutto senza che sia una lingua comune a farci da riferimento e non la traduzione diretta tra una lingua e l’altra, ed in tempo reale.
Non è difficile ipotizzare che la tecnologia necessaria stia applicata in una stanghetta nei nostri occhiali o un bottone nel nostro orecchio, per farci capire (ottenere tradotta nelle nostra) ogni lingua in tempo reale. Siamo alle porte del dover affrontare forse una nuova piccola innovazione tecnologica. Si propone di risolvere un esigenza, che produce e sostiene molti posti lavoro dediti alla traduzione delle lingue parlate a scapito di altri nuovi minori in numero d’occupati. Abbatterà un altro ostacolo naturale del processo di globalizzazione e integrazione tra le persone in questo mondo ?
Ogni lingua parlata a portata di ogni ascoltatore, o di chiunque ?
Per sviluppare il territorio dalle sue eccellenze, generando imprese ed occupazione, bisogna tirarsi su le maniche e darsi da fare. Coinvolgere attori in relazioni, che generano opportunità e lavoro, anche usando il digitale. Inefficace cercare soluzioni effimere nei “portali”, dove non si sà se si parta (per dove) o si arrivi da qualche parte.
Il compito del governo centrale o locale e territoriale, sembra continui a confermare il dar spazio ad azioni di marketing nel digitale (e non solo), con il dubbio che l’ignoranza continui ad essere lo spendere per soddisfare, senza reale beneficio immediato (resa) o futuro (d’investimento) al popolo contribuente, che lo consente con le proprie tasse pagate, il cui fine resti il consenso nella sola arroganza dell’autoreferenzialità.
Recente l’esempio rappresentato dal portale verybello.it . Una grafica e funzionalità dubbia (di cui alle note tecniche) sembra essere frutto della più leggera analisi nel costruire progetti di comunicazione.
Affidandosi ad “esperti consulenti di comunicazione e grafica digitale” forse da tempo fermi su schemi che del coinvolgimento e partecipazione (web 2.0) non hanno conoscenza.
Eleggendolo (con la registrazione del dominio, effettuato a nome degli stessi o riferendosi a utenti stranieri senza lingue aggiuntive, che ingrosseranno i soli 13 Ke già spesi) tra le peggiori storie della rete italiana (ricordiamo italia.it costato 40 Mke): frutto d’esperti e committenti reciprocamente a caccia di cassetto e visibilità, con progetti inutili e da incompetenti, che molti chiamano “portali”, degni di una borsa di studio in Internet dell’anno 2000.
Conferma dell’inutilità di un portali a se stanti nel turismo , lo spunto nel mondo reale già oggetto di un post , e’ evidente dall’analisi d’interesse sulla domanda già esistente, dove si può agire positivamente per costruire percorsi estesi a tutte le attrazioni, naturali e artistiche Italiani.
Per inciso: Dalla analisi infografica della foto allegata, si può dedurre che solo nel momento in cui si vende Sirmione o Venezia , i quali godono di maggiore visibilità e redditività sul turista straniero, si può abbinare la proposta di una visita a Pompei, che come analizzato non sta proporzionalmente nelle prerogative di scelta.
Opportunità che si può cogliere là dove accade, sul pc a casa del turista al banco dell’agenzia, ovunque si colga il sogno di un vacanza in Italia per Expo2015.
Dove, e mentre, si vende la panna montata “a forte domanda” si può cercare di associare il “pane”, per pur buono che sia, in proposte sinergiche d’esplicito bundle o indotto, che se degustato con tecniche indotte potrà divenire cibo quotidiano. Prendere il cliente là dove compra non in una vetrina da presentare tra tante, che è la definizione edotta di un “portale a se stante” nell’accezione del caso.
Tradotto: Non si può sperare di vincere, sperando che il “nostro turista” digitando nel motore di ricerca, a casa sua in NewYork o Cina, sul suo PC “Expo2015” arrivi al “nostro portale” che valorizza la zona, i valori o prodotti gastronomici, ci trovi e preferisca come meta alla cara Sirmione o Venezia, ricordata nelle gondole sulla TV della vicina, cimelio del viaggio che fece in Italia.
E’ possibile ottenere risultati utilizzando il digitale come punto di partenza o di supporto, ma con sforzi e presupporti diversi, conoscendo la rete e i suoi meccanismi, che come per tutti i canali di vendita e promozione deve ragionare e soddisfare la condivisione d’interesse di molteplici attori, dando ad ognuno il proprio carico di sforzo e impegno di promozione, per ottenere una sinfonia di successo, che può avere o trovare da un sito web (o portale) il volano per partire o arrivare.
Per non solo criticare chi fa, ma a testimonianza di come si possa fare :Concretamente realizzato da qualcuno che la rete la conosce https://www.eccellenzeindigitale.it
– trovano spazio le testimonianze filmate, già sinonimo di tradurre investimenti in lavoro e creazione di nuovi patrimoni digitali da utilizzare e diffondere : https://www.eccellenzeindigitale.it/storiedisuccesso
– formazione e opportunità di nuova occupazione e presidio del territorio con una rete d’esperti geolocalizzati e di tutto l’indotto che creino :
ecc.. il sito “eccellezzenzeindigitale” è citato solo per farne un’esempio concreto
Seminare è un attività da sostenere, ma gettare il seme al vento sperando che trovi terreni fertili, è un peccato descritto anche nelle sacre scritture.
Non ci sono più ostacoli tecnologici per migliorare la vita, ma bisogna risolvere una forte rivoluzione sociale per applicarli
L’innovazione per definizione è il “nuovo”, o “futuro”. È una costante di tutti i tempi. Ha spinto all’evoluzione gli uomini e il mondo delle imprese dalla notte dei tempi. Ha creato opportunità o vantaggi competitivi nelle soluzioni di prodotto o servizio, ma con quali impatti crescenti ?
Molte professionalità, specialmente artigianali italiane, sono state il frutto dell’intento di migliorare lavorazioni o servizi, di prodotto o erogazione. Hanno determinato un bagaglio d’esperienze e costituito il “valore” dell’azienda o del professionista, titolandone il successo.
Alla base di questi successi c’è sempre stata l’applicazione tecnologica. Nell’uso di materiali, nel trattarli ed elaborarli, per ottenere nuove soluzioni o utilizzi che evolvevano gli esistenti in nuova forma. Fin dalla conoscenza e padronanza del fuoco, il rapporto con l’innovazione è stata una prerogativa dell’uomo.
Con l’evolvere e sovrapporsi delle conoscenze e competenze, il complesso d’attrezzi e tecniche tramandati e coinvolti si è allontanato dall’individualità, diventando un bagaglio di cambiamenti radicali, tesi a produrre meglio, maggiori quantità, a costi inferiori, con accessibilità di mercato, con una velocità che ne faceva crescere il benessere diffuso.
L’aumento dell’occupazione con il coinvolgimento di spettri più ampi di popolazione, durante la rivoluzione industriale, faceva pensare a una illimitata corsa verso nuovi risultati di prodotto, servizi e benefici, di cui tutti avrebbero goduto per ottenere una migliore qualità di vita.
Escludendo le lotte di classe o le guerre di religione, che tendevano a far superare barriere sociali e diffusione della partecipazione, sia che fossero di materiali o meno, per un certo periodo il mondo si è sostenuto sulla disponibilità illimitata ed incontrollata di risorse naturali e tecnologiche, che l’uomo grazie all’innovazione ha trattato, per generare (in fattore di maggiore moltiplicazione) procedendo parallelamente in favore di una diffusione del benessere e della crescita sociale.
Recentemente la tecnologia ha introdotto alcuni processi di lavorazione e produzione/ erogazione, che seguendo regole finanziarie sempre più elaborate e proprie arrivano a creare ricchezze e patrimoni distanti dal mondo reale. Di certo la componente dell’automazione prima meccanica e poi elettronica nei processi produttivi, ha incrementato la velocità del procedere dell’innovazione. I limiti raggiunti traguardano e prospettano un panorama depauperato di sostenibilità ambientale ed economica, quasi ad aver superato i benefici collettivi e sociali che ispirano l’innovazione e accettano il soccombere di alcuni profili professionali o successi aziendali a perdere.
I valori sociali condivisi, che vanno tutelati per l’interesse generale nel modo del lavoro e professioni, con la globalizzazione e la caduta delle barriere del trasporto di cose, persone e informazioni, si pongono a stridere e a elevarsi per essere le nuove barriere da superare per l’innovazione, dove fortemente la tecnologia ha superato lo spazio di tempo necessario per essere accettata e assorbita dal sistema nei processi di disintermediazione e ricollocazione occupazionale che crea.
Se maggiore è il numero di anni trascorsi tra l’avvento del treno e degli automezzi del mondo dei trasporti, sono bastati una manciata di anni in accelerazione progressiva per la trasformazione del supporto di riproduzione e diffusione dell’immagine e del suono, dal disco e pellicola ed i sistemi di distribuzione, passando per cassette e cd alla fruizione telematica televisiva o informatica in tempo reale. Dove anche l’intero mondo della comunicazione vive una disponibilità informativa che pone nuovi paradigmi e modelli sociali bruciati in un messaggio di twitter.
Su questi nuovi canali si formano e diffondono idee e proposte, spesso affascinanti in termini delle prospettive e ricadute, ma che celano forse maggiori disagi sociali dei benefici che generano.
I livelli raggiunti di tecnologia e diffusione implementano soluzioni e aspettative a un livello di contaminazione d’applicazione che non lascia spazio a dubbi e riflessioni fagocitando insuccessi di scelte (compresa la scelta dell’immobilismo), pena il far scendere la serranda.
Abbiamo vissuto con freddezza personale ed entusiasmo tecnico, l’avvento del CD sulla cassetta audio e video per arrivare a ristretto spazio all’ on demand per il video casalingo.
La digitalizzazione della musica, che ha trasformato il vinile in file, ha costituito anche una presa di posizione vendicativa nei confronti dei costi imposti nel supporto di trasmissione fisico, a favore del download abusivo e selvaggio, quasi a sfida dei regni dei produttori e diritti d’autore: lo è sentiment di molte delle scelte recenti, che sembrano essere beneficio collettivo, nascondendo nell’uso di tecnologia posti di lavoro persi che stentano a lasciare il tempo di crearne di nuovi.
E’ il caso recente di applicazioni per taxi con autista (come UBER) in mercati protetti e contingentati, o degli odontotecnici e dentisti collegati nel destino del procedere dell’innovazione nei processi di due mercati che sembravano senza possibilità di essere toccati, nella professionalità svolta da categorie predefinite e chiuse per titoli e licenze da maturare o d’investimento.
La foto di destra è uno scanner, che letta l’impronta tradizionale la digitalizza. Potrebbe già esserlo se il dentista usasse una soluzione di rilevazione della dentatura esistente elettronica, ampiamente disponibile. L’odontotecnico elettronicamente disegna i nuovi denti, la cui base viene stampata in 3D al di fuori del laboratorio e potrebbero essere posta e adeguatamente colorata in bocca al paziente con un’esperienza da dècoupage hobbistico
L’odontotecnico potrebbe lavorare dal pc della cameretta di suo figlio, riuscendo a sostenere il minor margine e chiudendo il laboratorio. Eliminando i costi sostenuti per dipendenti e gli investimenti in attrezzature, le norme a cui attenersi in materia di salute e sicurezza, ecc…
Lo studio dentistico diventerà un semplice studio per la cura e preparazione, a meno che non venga inventata anche la pastiglia anticarie. Norme a parte, che consentano o contengano, la de.professionalizzazione odontotecnica è segnata. Ma:
Da questi professionisti si alimentavano lauti guadagni di fornitori, i quali pagavano il conto per le lavorazioni dentali loro e dei propri figli. In pratica se gli odontotecnici e i dentisti mangiavano con la bocca dei pazienti, ora si può temere che pazienti non avranno modo di riempire la propria bocca.
Un analogo caso potrebbe essere di impatto significativo nella gestione dei servizi pubblici, nella volontà di ricercare sostenibilità ambientale e sociale.
Avvicinandosi con il proprio cellulare ad un fermata del bus è facile ottenere l’orario di arrivo del mezzo. Ma simil dato è ottenibile senza dover essere così prossimi alla fermata cittadina, consentendo anche di richiedere il fermarsi del mezzo lungo il percorso (a favore di una maggiore fruibilità). Possibilità (tecnologia abilitante) utilizzabile anche da casa, identificando il solo punto di destinazione.
Si potrebbe così ottenere un’innovazione epocale nella gestione del trasporto pubblico, intercettando le richieste di tutti gli utenti e ottimizzando in tempo reale il percorso di mezzi automaticamente instradati e gestiti.
Indicato il dove voler andare al proprio cellulare, si potrebbe ottenere la risposta calcolata “il mezzo arriva tra 5 minuti”, previo servire altro utente sullo stesso percorso e includendo un tollerabile cambio di percorso per il successivo.
Il tutto è molto simile all’idea di chiamare un taxi in una modalità condivisa, stile car sharing del trasporto pubblico. Ma la domanda da porsi non è il vantaggio della sostenibilità ottenuta senza l’uso di linee di trasporto pubblico predefinito (soddisfacendo la relativa ottimizzazione dei rami secchi, tanto cara agli esami di Economia dei Trasporti) o l’evoluzione del taxi senza autista o a guida monitorata (diminuzione del trasporto unitario su gomma cittadino) o il valido supporto d’inter.trasporto urbano a supporto di linee su rotaia (Ferroviarie o di Metropolitana).
A parte il vantaggio di produrre nel breve nuovo lavoro per startup di programmazione e commesse per imprese nel settore dei mezzi pubblici. Possiamo considerare l’implementarlo a costo d’irrisorie applicazioni da cellulare e la tecnologia consolidata alla portata di mano e tasca di qualsiasi amministrazione.
Resta il grande problema sociale:
Nel che farne di tutti questi lavoratori (guidatori di bus urbani e taxisti) ?
Ma né le stampati e gli scanner 3D o i mezzi elettrici autoguidati contano nulla, oggi potrebbero essere i droni, le app, i google glass ecc.. Siamo di fronte ad innovazioni che sono applicazioni tecnologiche al pari del carbone o altro combustibile sostituito dal gas cittadino o teleriscaldamento per uso domestico. Con l’unica differenza che non sono servite centinaia d’anni, ma solo pochi decenni per passare dal disco in vinile al video on demand di Sky. Pochi anni perchè una stampante auto.costruita scaldando un filo plastico, diventi “ricevere un file per stampare il prodotto acquistato”.
Quanti anni impiegavano le innovazioni ? Un periodo che consentiva di far accettare i cambiamenti e introdurre nuove professionalità, con percorsi di riqualificazione e riposizionamento, permettendo di far crescere le generazioni che seguivano.
Per cui le domande da porsi sono: La tecnologia ha superato la soglia delle sostenibilità sociale ? Saremo in grado di garantire, riconvertire e riassorbire, in accettabili nuove forme e mercati, la terza rivoluzione industriale ?
Dovremo imparare ad innovare i nostri approcci e non solo a subire l’applicazione della tecnologia nell’innovazione.
ne parleremo Venerdi 20 alle ore 9,30 in Camera di Commercio di Nuoro in via Michele Papandrea 8
Pubblicato su http://corriereinnovazione.corrieredelveneto.corriere.it del 21-febbraio-2013
La Ricerca e Sviluppo nelle PMI ?
LA FACCIANO LE STARTUP !
Adottare giovani startuppari in azienda:
un modo semplice e poco costoso per portare l’innovazione nel cuore della produzione
«In un’azienda di 100 persone, non tutti coloro che ci lavorano si conoscono tra loro. In alcuni casi diventa più importante far vedere che si sta lavorando, più che lavorare davvero. Le startup sono importanti perché sono piccole. Dato che la dimensione e la complessità di un affare è pari all’incirca al quadrato delle persone coinvolte, le startup sono in una posizione unica per abbassare i costi di coordinamento e interni per riuscire a realizzare gli obbiettivi». Queste parole sono prese da Peter Thiel, co-fondatore di PayPal e investitore della Silicon Valley. Dovrebbero essere di monito per tutte le aziende del mondo. Soprattutto quando «realizzare gli obbiettivi» vuol dire lanciare un nuovo prodotto o penetrare in un nuovo mercato. Gli imprenditori che hanno realizzato la loro idea, soprattutto nelle piccole e medie imprese, sono spesso di fronte alla mancanza di entusiasmo ed energie necessarie per lanciarsi in una nuova avventura.
Come far crescere quindi l’azienda? Non tutti hanno la possibilità di aprire una sezione di ricerca e sviluppo interna. La maggior parte delle PMI italiane dispone però di strutture, spesso sottoutilizzate, che potrebbero ospitare nuove avventure imprenditoriali se prese in carico dalle mani giuste. Quali mani? Quelle di chi ha l’entusiasmo necessario, le idee e le competenze per lanciare una startup innovativa. Ci sono in questo momento molte opportunità per le imprese tradizionali, anche in settori apparentemente ipersfruttati e considerati decotti. E’ un buon momento per coniugare l’innovazione e il rinnovamento cercando nuove strade alternative nella gestione di ricerca e sviluppo, nei costi e investimenti, con lo scopo di aprire nuove brecce nei mercati di riferimento o in mercati che non erano stati presi in considerazione. Nuove occasioni per fare nuovi profitti, anche se condivisi con altri imprenditori (i cosiddetti startuppari).
Gli imprenditori abituati a essere curiosi e a dare un’occhiata in ogni opportunità di guadagno potrebbero pensare di dare a dei giovani con delle buone idee una scrivania, un telefono, un ufficio, un brand come parte del proprio core business. Farli fatturare ai clienti usando l’azienda già esistente, che ci piace chiamare «chioccia», segnando spese e ricavi. Parlando con gli startuppari, gli imprenditori possono offrire i contatti dei clienti già acquisiti e potenzialmente interessati, oltre che guidare nei contratti e nelle prime vendite. La ricerca e sviluppo fatta in questo modo (scegliendo tra le numerose startup e offrendo un’opportunità) permette di dare agli startuppari uno stipendio non appena c’è un guadagno, coprire le spese non appena c’è la possibilità, dividere i profitti quando ci saranno.
Possiamo immaginare le startup come divisione di un’azienda già esistente, destinata al lancio di un nuovo prodotto e mercato. Di fronte all’imprenditore, un altro imprenditore (solitamente più giovane) disposto a rischiare quasi tutto pur di realizzare il suo sogno. Questo è quello che proponiamo con il modello «Adotta una start-up». Azzerare i costi fissi di ricerca e sviluppo e quindi aprire al massimo le possibilità di creare nuovi prodotti e trovare nuovi sbocchi commerciali. Nelle PMI, soprattutto in quei settori di mercato che sono cambiati notevolmente per via di globalizzazione e tecnologia, potrebbe essere molto difficile trovare una strada per lanciare qualcosa di nuovo che permetta di restare competitivi. Abbandonare certezze produttive per investire nell’innovazione è spesso paragonabile a fondare una nuova azienda. Con una grossa differenza: il fallimento di una nuova azienda potrebbe avere dei costi molto minori. Un team che si lancia in una nuova impresa è spesso entusiasta della propria idea e decide di lavorarci giorno e notte, se necessario, soprattutto nella fase di avvio. Un entusiasmo che non in tutte le imprese tradizionali è facile trovare.
Nell´era dei social network anche le quote di mercato apparentemente più sicure possono essere scardinate in poco tempo. Tutti conosciamo Tom Tom, il navigatore Gps per eccellenza che nelle automobili moderne per poche centinaia di euro garantisce di non perdersi nelle città e nelle strade sconosciute. Anche grazie al successo e predominio di mercato, tutti chiamiamo TomTom un qualsiasi navigatore per auto.
i social non servono a nulla
WAZE è un´applicazione per smartphone, gratuita, che oltre a offrire delle mappe precise delle località ha aggiunto il controllo della velocità di chi sta navigando per offrire informazioni sul traffico. Atteggiamento del tutto diverso da Tom Tom che raccoglie i dati dalle fonti ufficiali per sapere quando in una strada sono previsti disagi: Waze si accorge che gli automobilisti che precedono hanno rallentato e avvisa. Per capire se il rallentamento è dovuto al traffico chiede agli automobilisti come mai hanno rallentato, e regala punti a chi risponde. Immediatamente, poi, propone all´automobilista un percorso alternativo. La gratuità del software ha permesso di raggiungere un numero consistente di utenti (30 milioni lo scorso novembre) secondo un modello ormai abbastanza diffuso, crescere enormemente nei numeri per poter poi lanciare attività a pagamento.
IL SEGRETO del successo di Waze è l´interazione creata con i singoli automobilisti, trasformandoli da consumatori a produttori di informazioni, creando nuovi spazi collaborativi. Non sarebbe la prima volta che un colosso non riconosce un´evoluzione del mercato in atto e decide di trascurare la novità, come Nokia leader di mercato nei telefoni cellulari nell´era pre smartphone o della Kodak che continuava a stampare rullini nell´era del digitale.
Considerare i social network come un aspetto ludico e non nell’accezzione del web 2.0 capace di creare valore aggiunto è un errore che nessuna impresa può permettersi
Pubblicato su http://corriereinnovazione.corrieredelveneto.corriere.it del 13/Feb/2013
IMPRENDITORI, SMETTIAMOLA DI LAMENTARCI E CERCHIAMO IL FUTURO
Spritz, competition, weekend: mille occasioni per incontrare gli startuppers e imparare da loro. Gli affari si fanno in due
Il modello Silicon Valley è stato costruito nel tempo da numerosi elementi. Lo sviluppo degli ultimi trent’anni, soprattutto nel settore informatico, ha permesso in quella zona degli Stati uniti la creazione di quello che più volte è stato definito un «ecosistema» fatto di giovani alla ricerca di fortuna e di potenziali investitori all’angolo della strada. In due parole: l’innovazione passa dalla Silicon valley perché ci sono soldi in cerca di talenti e talenti in cerca di soldi.
La facilità con cui un ragazzo con una idea di impresa può entrare in contatto con un investitore può fare la differenza in molti progetti. Per questo gli startupper non fanno altro che cercare di raccontare la loro idea in tutti i palcoscenici disponibili. Pochi giorni fa a Talent Garden di Milano si è tenuta un’altra edizione dello Startup weekend, dove decine di persone si sono incontrate con l’obbiettivo di trovare le persone giuste e costruire un team per creare una nuova Startup.
Appuntamenti come questo sono una grande opportunità per gli imprenditori. Per ora sono frequentati principalmente da investitori speculativi ed esperti di settore tecnologici. Non mancano però gli imprenditori «tradizionali»: hanno imparato a seguirli e ci trovano analisi di fattibilità per raccogliere opportunità di business e nuovi mercati. L’incontro tra gli imprenditori e gli startupper può creare un cocktail dirompente, una commistione di esperienza e di entusiasmo di cui hanno bisogno soprattutto i settori stagnanti.
Gli imprenditori che hanno saputo stare sul mercato per molti anni e oggi vorrebbero continuare a crescere con la loro piccola, media, grande azienda sono quelli che a poco a poco si levano la cravatta, e scendono a farsi un aperitivo con il futuro dell’Italia: incontrano giovani e meno giovani che si mettono in gioco sfidando la timidezza per provare a presentare le loro idee.
Aperitivi, startup week end, premi dell’innovazione: in ogni angolo d’Italia ci sono iniziative dove è possibile ascoltare gli startupper. Incontri informali, scambi di opinioni, idee. Magari i giovani non realizzeranno il loro sogno, ma possono essere lo spunto per scoprire nuovi mercati e prodotti per meglio riposizionare l’azienda. Spesso quello che serve per realizzare la loro startup è proprio l’incontro con un’impresa tradizionale, un imprenditore navigato, qualcuno che conosca i meccanismi e abbia i contatti giusti. E’ necessario riservare e cercare incontri con il nuovo modello delle startup che deve essere valorizzato, grazie all’esperienza rodata di un imprenditore. Gli affari si fanno sempre in due: l’idea, l’entusiasmo, la focalizzazione di un giovane startupper con una idea innovativa e l’esperienza, la struttura, l’organizzazione di una azienda con un imprenditore che vogliano costruire il futuro insieme.
Pubblicato su http://corriereinnovazione.corrieredelveneto.corriere.it del 7/Feb/2013
NON SERVONO SRLS SE C’È UN IMPRENDITORE ILLUMINATO E UN RAPPORTO DI FIDUCIA
Lettera aperta agli startupper: «Il capitale sociale è importante. Perché non provare a nascere come brand di un’altra azienda?»
Si è tanto parlato delle Srls, la nuova forma di società di capitali che dovrebbe rendere più economico e snello creare aziende con un capitale sociale di un euro. Scomparirà la prassi di aprire con mille euro una società negli Stati uniti, utilizzata da molti startupper soprattutto nel campo digitale / web / software? Difficile prevederlo.
Quello che ci sentiamo di dire è che queste nuove società nasceranno un po’ zoppe. Molti giovani pensano che il capitale sociale versato sia da vedere come una sorta di immobilizzazione da segnare su un bilancio, e per questo si sono rivolti negli ultimi anni oltreoceano per i loro sogni di impresa (spesso senza nemmeno prendere un biglietto aereo). In realtà il capitale sociale, come sanno bene gli imprenditori del mondo «reale», è anche una questione di immagine, un segno di solidità, un qualcosa su cui fare affidamento.
Anche molto concreta: quale fido accorderanno le banche a una società in cui i fondatori non hanno investito nemmeno un euro? Chi avrà interesse a fare un contratto con una società i cui soci risponderanno alle obbligazioni fino a 1 euro? E via dicendo. Se il sistema Italia vuole crescere, gli imprenditori e gli startupper devono trovare il modo di andare oltre, e a volte anche contro, le leggi e leggine che imbrigliano in norme e commi la fantasia e la voglia di fare impresa. Serve fiducia, in quest’alleanza ipotetica tra imprenditori tradizionali e imprenditori in potenza, che permetta di superare gli ostacoli. Un’azienda può scegliere di nascere anche non come azienda, ma come semplice «brand», come prodotto o nuovo mercato, all’interno di un’azienda esistente. Come abbiamo raccontato in adottaunastartup.com, agli imprenditori diciamo di dare una scrivania e di segnare tutti i conti su un foglio di calcolo. Dividere le prime spese, dividere i primi profitti. Magari le spese le si possono dividere anche dopo i primi profitti, lasciando che sia l’azienda già esistente a farsene carico.
Non serve lanciare una nuova azienda per stampare in maniera innovativa delle scarpe personalizzate, si può andare in un’azienda di scarpe e lanciare il prodotto dall’interno di una struttura già esistente. Non solo è più economico, ma anche più rapido ed efficace. Perché lo startupper mette la passione al servizio dell’impresa. Perché l’imprenditore mette la conoscenza delle dinamiche del mercato al servizio dell’impresa. Perché la fiducia tra queste due figure permette di scavalcare i mille modi e i centomila costi accessori con cui viene spesso soffocato lo spirito dell’innovazione italiana.
Pubblicato su http://corriereinnovazione.corrieredelveneto.corriere.it del 31/Gen/2013
COSTRUIRE L’ALLEANZA TRA IMPRENDITORI E STARTUPPER
Avere una buona idea non basta, agli innovatori servono le competenze per metterle sul mercato
L’Italia si riempie di giovani con bellissime idee e di possibili canali (concorsi, finanziatori, bandi pubblici) che potrebbero sostenerne economicamente la realizzazione, la parola Startup fa da contorno a eventi che cercano di fare incontrare gli innovatori con chi ha soldi da investire, anche la politica si accorge della voglia di tornare a crescere che ha invaso l’Italia digitale e prova a dare qualche strumento minimo per non tarpare le ali ed evitare un probabile esodo verso lidi esteri. Questa è una fotografia possibile del 2012 visto da chi guarda il mondo dell’innovazione tecnologica italiana con lo sguardo di chi lo conosce bene e ne studia i movimenti. Per restare nel settore Internet, abbiamo visto molti giovani con idee di nuovi social network, applicazioni per cellulari, nuovi modi di usare i dati forniti dai colossi dell’informatica. Molti che ci provano perché l’alternativa, anni e anni di lavori precari in un Paese che stagna, è troppo poco attraente per coinvolgere davvero le menti brillanti. Questo non significa che ci riusciranno tutti, ovviamente.
Avere una buona idea è solo il primo passo: banalmente, in tanti avranno pensato che fosse fantastico realizzare un’automobile che si guidasse da sola, ma solo Google finora è riuscita a realizzarla davvero. Non è nemmeno sufficiente, purtroppo, realizzare la propria idea. La storia è piena di geni innovatori italiani che riuscirono a creare qualcosa di davvero innovativo, ma che non riuscirono a sfruttarlo commercialmente. Certo, si può creare qualcosa anche solo per la gloria, ma non è di questo che ci vogliamo occupare in queste pagine. Una Startup è semplicemente una nuova impresa. Guidata da un imprenditore.
Non basta fare qualcosa di bellissimo e utilissimo, bisogna anche metterlo sul mercato, trovare i primi clienti, migliorare il prodotto, venderlo. Questo spesso manca agli innovatori italiani, alla prima esperienza di creazione di impresa, e questo è quello che invece possono insegnare gli imprenditori «del fare», quelli che negli scorsi decenni hanno costruito l’ossatura economica dell’Italia in anni a volte facili, a volte difficili, altre volte difficilissimi come quelli che stiamo vivendo ora.
Agli innovatoriitaliani serve qualcuno che possa aiutarli a mettere sul mercato le loro realizzazioni, con l’esperienza di gestire un’impresa e di stare sul mercato. Gli imprenditori tradizionali hanno bisogno di un nuovo entusiasmo, il lancio di nuovi prodotti, di respirare il vento dell’innovazione che sta soffiando in tutto lo Stivale. E l’unione di startupper e imprenditori tradizionali non può che far bene a tutto il sistema paese.
Se siete titolari di un ristorante, o di qualsiasi altra attività commerciale, di certo vi piacerebbe poter mandare un messaggio pubblicitario del tipo «Il tuo amico Mario è già stato da noi, chiedigli che cosa ne pensa». Le implicazioni del lancio del Graph Search, ovvero il nuovo motore di ricerca di Facebook, il social network più grande del mondo, sono moltissime. Chi investe in pubblicità on line negli ultimi anni lo ha spesso fatto utilizzando Google. Chi cerca un determinato libro, e vuole comprarlo on line, è felice di trovare immediatamente un negozio provvisto di quell´oggetto. Il venditore paga Google e sono tutti contenti.
LA PUBBLICITÀ su Facebook non è sempre stata efficace, perché gli utenti usano i social network per svagarsi, condividere opinioni, e molto raramente per cercare informazioni sui prodotti. Facebook è un social network, e il lancio del Graph Search apre una strada soprattutto per la pubblicità sociale. Comprare un biglietto per un concerto o un evento sarà più gratificante, se sappiamo che alcuni dei nostri amici saranno presenti.
Certo c´è un rischio per la privacy. Dovuta principalmente non a quello che l´utente decide, di sua spontanea volontà, di condividere con tutti. Il problema ora sono tutte le volte che, per scherzo o ironia, viene fatto «mi piace» su pagine o fatti che vengono poi male interpretati dall´algoritmo di ricerca. Così si rischia di essere classificati come «uomini a cui piacciono le prostitute», magari perché apprezziamo Pretty Woman. Sul blog http://actualfacebookgraphsearches.tumblr.com è presente addirittura una classifica di impiegati di multinazionali come McDonald che amano il razzismo.
Quindi, da ora in poi, bisogna stare attenti e riflettere su come può essere interpretato il nostro mi piace, anche tra qualche anno e da persone che non ci conoscono per nulla.
Ci sono sostanzialmente due modi per analizzare enormi quantità di dati: disporre di una rete di supercalcolatori o di una manodopera immensa. Una possibilità è quella di utilizzare grandi centri di elaborazione dati per cercare di prevedere il futuro, interpretando in tempo reale gli stati d’animo del presente.
Discussioni in rete ai tempi d’elezioni
Un esempio sono topsylabs.com, che si propone di analizzare quello che viene discusso sui social network, o la app gratuita per Iphone proposta da derwentcapitalmarkets.com per fare previsioni su andamenti di borsa. Strumenti importanti per un’azienda che vuole capire qual è la percezione del proprio brand o decidere dove vuole investire. Dati che sarebbe impossibile analizzare a mano: soltanto sul social network Twitter ci sono 400 milioni di messaggi pubblici al giorno (giugno 2012).
Si potranno un giorno annunciare in anticipo i vincitori delle elezioni? Di sicuro l’analisi dei big data può aiutare a capire se i sentimenti verso un certo candidato sono positivi o negativi, e parzialmente alcuni strumenti di misura dell’influenza riescono a distinguere se chi parla bene o male è un leader di opinione o un semplice cittadino che esprime la sua opinione soltanto a nome suo. Internet permette anche l’esatto opposto: la creazione di portali che facilitano la collaborazione tra le persone per raggiungere un determinato obbiettivo.
Restando sul tema politico, dopo gli Stati uniti arrivano anche in Italia piattaforme come https://factchecking.civiclinks.it/it/ che permettono di contribuire a controllare se le dichiarazioni di qualcuno sono vere o false. Siccome non si sa se arriveràmai il giorno in cui sarà un computer a decidere se scrivere la parola innocente o colpevole in una sentenza, entrambe le strade sono necessarie per l’evoluzione della nostra società.