Trova le differenze

Diversi sono gli approcci del fare impresa nell’ecosistema dell’innovazione.

Raimondo Bruschi scrive:

Ciao, volevo sapere come sta andando lo sviluppo della tua impresa, stiamo sviluppando un prodotto analogo da tempo e desideravo confrontrarmi tra colleghi. 

Se mi dai conferma di contatto e un messaggio linkedin ci fissiamo una call.

Risposta:

Volentieri, noi siamo pronti alla exit: SRL costituita, brand name e logo di proprietà, dominio acquisito, sito web realizzato e le 2 app depositate in SIAE …

Ho una offerta e 2 trattative in corso (un Fondo e 2 imprenditori molto noti), ma mai dire mai!

Raimondo Bruschi risponde:

Pardon, pur avendo fatto tutto quanto descrivi, non puntiamo a fare un exit, ma al creare un’impresa innovativa.

Mettendo in pratica un idea, con un reale MVP scaricabile pubblicamente, che continuiamo a far crescere (sviluppando funzioni e friubilità) ascoltando le segnalazioni della community di molteplici sottoscrittori ed Early Adopter con cui ci confrontiamo per soddisfarne le necessità.

Affrontiamo il mercato con le nostre forze, autofinanziandoci fino a che potremo trovare soci sottoscrittori e cedendo quote a puri finanziatori solo se ne avremo necessità inderogabile. Un exit, lo faremo se saremo costretti in favore d’aziende che possano continuare a far crescere meglio la nostra iniziativa. 

Crediamo possa essere estendibile l’erogazione in un mercato globale, anche per contribuire a far crescere il deserto che sta intorno a noi, per dimostrare che si può fare e possa avere ricadute occupazionali in questo contesto.

Speravo di potermi confrontare con un competitor locale, per impare dai successi e problemi comuni affrontati e risolti, per crescere insieme. 

Ma forse abbiamo obbiettivi diversi. Bye

Publicato come articolo in Pulse di Linkedin al link https://www.linkedin.com/pulse/trova-le-differenze-delle-startup-raimondo-bruschi/

Sei dislettico? Forse non lo sai! #dsa

Sei dislettico (*)?
Io prendo 18 su 20 punti nel test per adulti, e se lo fossi anche tu?

(*) Si dice e scrive: dislessico, impronunciabile e non scrivibile per chi lo sia. Ma sempre puntualizzato dai “normali” con il “complesso della maestrina dalla matita rossa“. A caccia di poter dare cattivi voti inferiori a 5 in rosso evidente. Sempre pronti a poter bandire e mettere alla pubblica gogna, senza leggere contenuti espressi!

Verificalo a questo link: https://genitoriedsa.wordpress.com/2016/11/29/dislessia-e-adulti-e-se-fossi-dislessico-anchio-test/

Oggi una diversità riconosciuta anche in forma associativa a tutela https://www.aiditalia.org/

Mi consolo, essendo sinonimo di diversità. Spesso “si dice” che sia, e fosse, una prerogativa delle persone geniali, spesso incomprese. Per questo motivo divenute tali: dovendo combatte e sforzarsi per risultare all’altezza dei normali arrivino ad essere migliori. #consolatevi !

Ritrovandomi in questo appunto per molti aspetti del vissuto https://ninetyninenews.wordpress.com/2015/11/11/la-fortuna-di-essere-dislessico/

Se la DSA fosse dei miei tempi, per gli esami universitari sostenuti forse sarei laureato in entrambe le facoltà, che ho “freguentato” (mi richiede un grosso sforzo scrivere le “q” al posto delle “g”) oltre alle “freguenti” fughe da deficit di disattenzioni che però mi rendo conto solo oggi: “mi hanno permesso di essere quello che sono”.

Oggi sono previste, dalla Legge 170 e dalle Linee guida per i DSA allegate al DM 5669/2011:

misure dispensative:

privilegiare verifiche orali piuttosto che scritte, tenendo conto anche del profilo individuale di abilità;
prevedere nelle prove scritte tempo supplementare fino a un massimo del 30% in più oppure l’eventuale riduzione quantitativa, ma non qualitativa, nel caso non si riesca a concedere tempo supplementare;
considerare nella valutazione i contenuti piuttosto che la forma e l’ortografia.

strumenti compensativi:

uso di PC con correttore ortografico e/o sintesi vocale
calcolatrice
altri strumenti tecnologici

Per colpa di un “mi piaci”

Reazioni e comportamenti anomali sui social network ed in rete internet?

Da se sempre, ogni giorno, accadono tanti fatti e cose. Ma nel nostro tempo sempre maggiormente ogni elemento appare singolarmente focalizzato. Specialmente nei social, dove la forma espressiva impone l’utilizzo di brevi testi o slogan.

Quali meccanismi sostengono ed alimentano una diffusa presenza di messaggi d’odio e posizioni estreme?

Tutto viene proposto e colto in piccole parti o dosi, che si prestano a singole sommarie e superficiali diverse interpretazioni. Complice anche il poco tempo, che spesso non favorisce un dovuto approfondimento.

Sicuramente questo da un punto di vista si semplifica la vita, senza doverla valutare e considerare nell’insieme della sua completa articolazione di stridenti contraddizioni o posizioni, digerita e valutata in un più ampio spettro di soppesate espresse opinioni. Favorita da un’ampia diffusione e veloce crescente partecipazione, con un semplice “mi piace” o “condivisione”, per un titolo spesso fuorviante nell’esprimere la propria opinione senza filtri e apparenti consegui.

Atteggiamenti e comportamenti vissuti in “botta e risposta” a suon di crescenti commenti, per dire l’ultima o dimostrare qualcosa a qualcuno, che non sta di fronte. L’avversario si cela distante nell’ampia platea che assiste, nell’insieme di tutti i profili anonimi di chiunque, pronto ad intervenire come “un esperto”, senza dover dimostrare titoli o competenza.

Diventa naturale esprimere marcate ed esasperate opinioni complessivamente giudicanti e giudici di ogni aspetto
spesso senza merito o esperienza

Ogni parere sostenuto singolarmente, contribuisce irrimediabilmente a ritrovarsi compromessi. Progressivamente è inibita la possibilità di valutare ed esprimersi correttamente su quanto complessivamente ed obbiettivamente è accaduto intorno a noi, involontari complici o vittime di quanto non potevamo immaginare, sostenere ed esprimere.

Questo è sempre accaduto. Si inizia da un piccolo screzio, si alza la voce ed a forza di spintoni diventa una rissa.

Ognuno deve “suonarle” al proprio vicino. In un ambiente come la rete o sui social, con il conforto del solo tono delle parole espresse, in stringate espressioni di parte, dove “darsele” sembra far meno male reciprocamente.

In assenza di dolore e rapporto fisico diretto (apparentemente non sono visibili ossa rotte e ferite sanguinanti, feriti e vittime che restano sul campo): i danni solo morali e psicologici, ma favoriscono e alimentano orgogliosi e anacronistici prosegui. Passando di rissa in rissa, di argomento in argomento, con impavida tenacia.

Benché con con le parole si possa maggiormente ferire, nessuno ne esce con la vittoria o con evidenti conseguenze nel breve tempo d’espressione. Ogni confronto alimenta e fa cresce la voglia di potersi riscattare, o galvanizzare nel dover picchiare più forte la prossima volta, nel successivo post contro un fronte avverso alle posizioni maturate, immersi nell’immunità della distanza fisica.

Il linguaggio è da slogan, più semplici da capire e facili a rappresentare chissà quale propria opinione.

Il linguaggio risulta comprensibile e schietto alla portata di chiunque, anche alle più basse culture popolari. Un facile invito al poter partecipare ed interagire con il chiasso di strada.

Contributi e contenuti o proposte trovano facile presa sulle masse, non troppo soppesati in deduzioni e soluzioni poco valutate, ma che contano maggiormente del numero di acculturati ed approfonditi consapevoli posizioni.

“Menare” non richiede forza o l’essere riconosciuti dal vicino.

Gli spalti sono immensi ed ovunque, immediati e perenni.  Lo strumento non è la strada, non è la via o il quartiere. Ognuno resta uno dei tanti, letto e spesso nascosto nel profilo di un “non amico”. Nella virtualità della rete, dove i contendenti si posso umiliare senza misurarne il male reso o ricevuto.

Le urla dagli spalti si sovrappongono a quelle dei gladiatori, intervengono a sproposito, calandosi inesorabili. Partecipando alla lotta attivamente, senza metterci la faccia o del dover dimostrare la propria fisicità predominante.

Il perché si sia iniziato si perde, in oggettivazioni di merito e particolari marginali, che tracciano solchi o facciano uso di nuovi trucchi e artifizi tecnologici.

Ogni antagonista si presenta al prossimo post per renderlo maggiormente ricco e fitto di nuove ragioni, dati o condivisioni, spuntate chissà da dove. Partecipi con interventi fuori tema o personali a suffragio, che intercalano disturbando, fuorviando il tema in corso.

Forti di un algoritmo tecnico che aggrega i simili nella convinzione di essere dalla parte della ragione e della massa, emulando stessi atteggiamenti ed argomenti. Logiche e modelli storici, che vivono dimenticati nei libri di scuole e studi sociali sulle curve di diffusione e imitazione, fanno il resto.

Astenersi è un gesto che penalizza, entrare nella rissa esalta, urlare commenti ad effetto costa nulla. Entrare a gamba tesa sembra non far male.

Crescono e si moltiplicano atteggiamenti da spettatori urlanti battute nello scuro antistante il palco tra il pubblico, con interventi pungenti e dissacratori, avvallati dal numero di pollici alzati ricevuti, lontano da essere valutati per chi li abbia posti.

In ogni intervento la massa di tante espressioni e opinioni singole pesa maggiormente nel complessivo, distraendo e dimenticando l’interesse comune, su cui maturano aspetti e comportamenti comuni o prese di posizione, che pesano nella vita di tutti i giorni da vivere nella realtà.

Uno vale uno, indipendentemente da quanto e come sia maturata l’espressione di voto. 

Mentre la realtà è sempre più complessa, si avanza annebbiati nel percorso intrapreso in animati confronti e duelli, persa la ragione di poter valutare nel suo insieme in modo oggettivo. Trascinati da altri a cui dare ragione in aspetti marginali. Associati agli appartenenti alla parte di cui si è catalogati partecipi, solo per aver fatto semplici “mi piaci e condivisioni” anche di altre piccole ragioni ed opinioni, chissà quando.

Essere parte di un gruppo è nella nostra natura del bisogno di aggregarci, di sentirci parte e forti  in un insieme di simili

Lo sono i vestiti dell’adolescenza, diventano i comportamenti nei social a scapito di ideologie e posizioni maturate.

Il mezzo facilita l’esserne parte, offusca la possibilità d’attendere ed ascoltare tutto il complesso delle cose e dei fatti. Valutati e misurati in piccoli singolari e marginali aspetti condivisi. Tradita la natura umana di esseri pensanti, divenuti analfabeti digitali o intelligenze disfunzionali, ridotti ad ignorare, appartenenti ad un gregge.

La mandria si sposta seguendolo un tortuoso percorso, suggerito e coretto a suon di piccoli espressioni dal mandriano, che conduce il popolo bue solo per proprio interesse. Abilmente propagata ed esaltata da sconosciuti contatti, che diffondono senza consentirne l’iterazione e gli interventi ad altri, vittime anch’essi della profilazione e aggregazione tra i simili che la piattaforma tecnologica favorisce, per vedere il mondo come suggeriscono le preferenze e conferme poste a suon di “mi piaci e condivisioni”.

Pensare ed esprimersi con la propria testa, con la forza delle proprie idee e opinioni, richiede uno sforzo che la facile reazione e ripetizione di brevi frasi o slogan non lo consente. Valutare il potenziale del mezzo e l’abuso della tecnologia è una lontana prerogativa dei soli addetti ai lavori. La menzogna, o la falsità meglio raccontata, si fa strada più velocemente di ogni verità o ragionamento logico, oggi chiamate fakenews.

Parlare ad un amico “vicino di tastiera”, significa pronunciarsi nel megafono della radio nelle piazze. Tutti occasionali oratori al balcone di Palazzo Venezia ai partecipanti al comizio, ad altri che mai s’incontreranno o che si possa conoscere in chi sia o stia ovunque, senza il tempo di valutarne il profilo o cosa rappresentino, convincendoci di essere parte e parere condiviso della folla.

Inconsapevoli Attori e Vittime di proprio destino e appartenenza non scelta e mediata.

Tutto accade per colpa di un click, un “mi piace” o “una condivisione”, per ritrovarsi nel girone dantesco di cui non si è mai voluto essere parte.


Come sempre anche nei social, chi sta alla finestra a guardare non ci rimette, chi scende in campo (anche solo con un click) rischia di entrare nella mischia ed essere parte delle risse che leggiamo nei social network ogni giorno.

Ma forse per crescere vale la pena farne parte.

pubblicato anche in: 
Medium – https://medium.com/@raimondobruschi/per-colpa-di-un-mi-piaci-1018083bdd1f 
Linkedin –  https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:6454762061363707904/

Che cosa è la BlockChain

La BlockChain (catena di blocchi) è un registro informatico aperto.

Ogni utente che partecipa al registro è connesso con tutti gli altri e detiene una copia di una sorta di libro mastro, chiamato blockchain. Nella blockchain sono registrate tutte le transazioni di tutti gli utenti di sempre, da quando quella catena è stata usata per la prima volta. Per far ciò la blockchain è aperta e consultabile da chiunque la utilizzi.

È autosufficiente, decentralizzata, non richiede un’autorità che ne approvi le operazioni perché sono le sue stesse operazioni, per il modo in cui sono fatte, a essere autolegittimate.
Ciò è possibile perché ogni singola transazione risiede all’interno di una catena di blocchi che dall’ultima risale alla prima assoluta, e perché ogni utente della catena è sempre a conoscenza di tutte le altre operazioni che vengono fatte dagli altri utenti (con i Bitcoin, per esempio, questo serve a evitare che qualcuno usi lo stesso Bitcoin per pagare due cose diverse).
 

Ogni transazione sulla catena genera un blocco che a sua volta suggerisce un nodo a cui agganciare il prossimo blocco (la prossima transazione). Ogni modifica di un blocco, che non sia una transazione, ha ripercussioni su tutti i blocchi precedenti, distruggendo così la stessa catena. Non si può manomettere una cosa del genere.

 
Il primo sistema a “blocchi di hash” risale al 1991 ma il tipo più utilizzato oggi è quello descritto e realizzato da Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo dietro l’inventore (o gli inventori) del Bitcoin, ideato nel 2008 in un libro bianco e implementato l’anno dopo.
vedi anche: Cosa sono i Bitcoin

Che cosa è un Bitcoin

Il Bitcoin della Blockchian significa produrre una stringa di lettere e numeri

Al massimo ne esiteranno di 21 milioni di varianti, di cui l’80% sono stati “minati” (si dice cosi l’attività d’elaborazione di un sequenza di caratteri sconosciuta) nei 10 anni già passati, in base ad una regola che ne determina la validità e una procedura di confronto che ne determina l’unicità.

Possiamo calcolare lo sforzo elaborativo per produrne i mancanti 20 %, da cui potrebbe derivare un costo da sostenere e per cui un valore . Produrli è difficile al pari di trovare un francobollo o un conio di una moneta rara. Questi ultimi creati e stampati involontariamente in modo errato, per questo storicamente rari, dove più lo siano più ne sale il valore. Per cui coniare l’ultimo BitCoin (trovare la combinazione di caratteri valida che nessuno ha mai minato) potrà dover costare molta potenza di elaborazione. 
 
Cercare su questa base d’ipotizzare che sostituisca le monete, o valute come la conosciamo, è la speranza della sua stessa forma elettronica (seppur maggiormente duttile ad essere divisa in piccole parti di minor valore) nel non consentite di continuare a coniarne nuova moneta, come accade senza limiti da parte di quelle strutture che vengono definiti stati.
 
La prospettiva di valore si basa su un nuovo modello:  si basa su un limite finito e non illimitato come avviene per il normale conio di moneta. Sottraendo cosi la possibilità di essere unici attori “di orrori e benefici collettivi”, in virtù di un limite fisico tecnico intrinseco. Recentemente gli stessi promotori hanno anteposto la possibilità di illimitarne la produzione, con nuove versioni che si chiamano in modo nuovo, vestendosi di possibili nuovi esclusivi o alternativi interessi d’uso quale misurazione di valore.
 
L’insieme di questa nuova condizione, non più come unica produzione limitata, configuratasi come più cripto valute prodotte,preconfigura uno scenario nuovo, ma in parte già vissuto, con le varie valute nazionali, locali o sostitutive, preconfigurando un ordinamento (già oggetto di regolamentazione che ne influisce pesantemente sul suo valore quotidiano), relazionandole in corso e confronto di valore. Una serie variegata di valute diverse (anche se simili per tipo di conio) il cui valore viene ad essere soggettivo e sicuramente risultante sempre di più di improbabili stime condivise, ridotte alla stima soggettiva dell’uso o meglio ricerca d’acquisto o trattazione.
 
Ne deriva l’interesse di divenire elemento della valutazione soggettiva o di scommessa sul suo valore, ma in misura e modalità tradizionale di speculazione finanziaria (leggi Feature, o Futures come scrive wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Futures), compensando ed alimentando di nuova opportunità economica il mondo preesistente, che poteva essergli nemico e sostitutivo delle valute come le conosciamo.
Addomesticato, il Bitcoin (e le cripto valute), compenserà e remunererà, al pari di ogni speranza di crescita o decrescita del valore, come le spighe di grano o altra materia o materiale, un economia sempre più lontana dal reale. A cui il Bitcoin forse poteva aspirare ad essere nuovo attore ed antogonista, del misurare lo scambio di merci e servizi.
 
Questo non vuol dire che il Bitcoin nel prossimo futuro fermi la corsa a crescerne il valore, o ne sia prevedibile il suo decrescere e stabilizzarsi, alimentando speranze di ricchezze facili o di perdite notevoli inattese e non annunciate. Ma potrebbe trovarsi ad essere servo e strumento indirettamente delle valute tradizionali. Venendo meno il motivo per cui  era stato creato, per lo stesso scopo che oggi più di sempre è il mondo economico: una serie di numeri scritti su dispositivi informatici visualizzati in nero o in rosso per indicare se li si possegga o siano debiti.
 

Ma dove nasce e cresce il Bitcoin e le cripto valute in genere ? Sulla BlockChain, un modello tecnologico d’archivio informatico di cui è l’applicazione regina (killer application), con cui convive e si finanzia reciprocamente. Ogni Bitcoin o altra cripto valuta coniata ed usata è la validazione del valore di questa tecnologia o logica di memorizzazione dei dati in forma condivisa e diffusa, autovalidante in ciò che sia accaduto.

vedi anche: Che cosa è la BlockChain

La libertà d’ascoltare e condividere

La libertà di parlare ed esprimersi, di contare qualcosa per ciò che si dice, termina quando non vi sia alcuno che ascolti.

Parlare per slogan, spesso a sproposito, con frasi eclatanti o pervasive (lo viviamo nelle campagne elettorali quotidianamente) serve solo a sperare che qualcuno ne parli, amplificando la visibilità di coloro che nessuno ascolta.

Serve qualcuno che ne parli ad altri, a cui non si arriva direttamente o si passa, per gli inascoltati o inascoltabili da molti. Sperando di poter usare un megafono involontario, prestato da qualcuno di autorevole, che appunta con la massima indignazione che trascini cosi propri amici e conoscenti in un coro di esternazioni a seguire nei social. Non è un modello nuovo: ci sono anche i professionisti dell’indignazione. Macchiette della radio e televisione, ore pure del web e dei social, che godono di un  grande seguito “per la comicità che generano”, “gasati” da altrettanti che lo incitano a far bravate o a dir fesserie per farsi quattro risate. Ne è sempre stato pieno il mondo dal gruppetto delle piazza, a scuola ed al bar dello sport.
Concedendo a chi non ha ascolto (se non la limitata platea di cechi fedeli o dei pagliacci che lo incitano) un palcoscenico insperato, al pari del più illustre autorevole che si indegni di quanto legge e commenta. Per potersi far ascoltare dall’ultimo disattento o frustrato, che lo possa votare, piacere o condividere, con sdegno o stima di ciò che sente o legge. Non importa, come o per cosa, basta apparire il più possibile ovunque. Il palco e la pista della sala da ballo è piena di goffi ballerini e pagliacci con strani vestiti, che più lo sono, o assurdi che siano in quanto affermano e fatto, alimentano il carrozzone dello spettacolo e di clienti. Avanti lo spettacolo è unico nel suo genere.
Che ne parlino, se male pure meglio, si ottiene più ascolto.

Questa è la regola del poter essere ascoltati, per cui del poter parlare liberamente, in un contesto pieno d’informazione strillata è necessario trovare mezzi e strade per poter emergere. Essere parassiti d’altri, della loro reputazione e visibilità sono le nuova strade percorse. Nessuno ti arresta se dici castronerie, ma è il caso di imparare a non ascoltarle e farne leva di diffusione con altri, per non accreditare e dare spazio che cercano, in un modello che alla fine scredita se stessi solo per aver dedicato tempo ad ascoltare e darne proselito involontario e con i migliori auspici di conoscenza delle affermazioni estreme d’altri.

Quando tocchi il fondo peschi a strascico, ogni rifiuto è cibo.

In questo senso pure una notizia falsa, tendenziosa o pretestuosa, gioca a il proposito di poter aumentare la propria visibilità. La disdetta (che puntualmente viene fatta) non verrà letta, condivisa, commentata, diffusa da nessuno.

E’ un gioco al massacro che non rende, vale il tempo di vita della fiamma di un cerino (si certo accendendone tanti non vivi al buio), darne seguito da luce ulteriore a chi abbia finito i fiammiferi, tendendo solo a deludere chi ascolta e garantisce di essere letto o seguito per ciò che vale nella libertà e civiltà di ciò che fa o in cui crede .

Ai Troll non si da seguito, farlo li accredita ed esalta.
Dedicato ad una amica, almeno cosi io spero sempre e solo di poterla ritenere!

Basta fare innovazione a colpi di twitter e slogan

L’innovazione non può essere un processo o un computer: è fatto di rischi e non solo di twitter e slogan

Di diritti da difendere e di azioni collettive, di processi distruttivi da gestire e di consenso da cercare. Di idee chiare e porte da sfondare. Di rischi per inseguire la sostanza in dispetto del rispetto delle regole (che innovazione sarebbe se fosse già scritta e stabilità per legge)

Con tanto sudore, pazienza e costanza, per ogni singola impressione che spesso passa inosservata ma fa la differenza  .

Bisognerà che gli innovatori diventino più politici, più rilevanti.

Non scendendo in piazza per manifestare, ma in strada per divulgare che il vivere di oggi è la premessa del domani.

Perché se innovare è frutto di cultura sono le scelte un nutrirla e farla crescere.

pubblicato in account personali di Medium, Linkedin, Facebook , Pulse , Google+

Google premesse negative

Google non potrà più suggerire, lo dice il garante !
Termina l’opportunità di dare indicazioni !

Una sentenza in Genova inibisce i “suggerimenti digitando nella sua barra di ricerca”. Ispirava danno per un azienda. La sentenza: Google “condannata”: Garante Privacy ordina di cancellare la “ricerca assistita”

Succederà anche per tutti le attività che segnalano “parti ora” o “domani prendi l’ombrello pioverà” ?

Premessa tecnologica per ottenere dalla profilazione una “guida alle scelte” !

Il business di condizionare la vita delle persone diventa più nebuloso per google ?

Dedicato ad un amico che ha fallito


Sono certo delle tue capacità. L’unica cosa che posso insegnarti è che nella vita e nelle imprese sono le persone che contano.

Se cosi non fosse: ogni individuo, imprenditore, impresa, iniziativa, rapporto avrebbe successo. Non sono i soldi, i muri o gli attrezzi a fare la differenza ed a creare valore. Ma le persone (il team, la partecipazione, il coinvolgimento, la dichiarazione di fede o fiducia, ecc..). Il resto sono solo modelli applicabili in mercati conosciuti, o se innovativi per applicarli correndo il brivido di spingerti oltre: con nuovi Prodotti, Processi, Approcci. Fallire ed avere successo sono lati delle stessa medaglia.

Non avere invidia degli altri, spesso hanno più problemi dei tuoi. Se non li hanno è perchè non li fanno vedere. Anche tu non li hai, agli occhi di chi incontri. Può darsi che ne abbiano avuti o sono in una fase favorevole delle loro vita. Trovatisi al posto giusto nel momento giusto (ma hanno le tue stesse capacità nell’aver colto l’occasione se si presenta). E’ una cosa che si chiama fortuna, ma ricorda che è lei che ti trova. Falsa l’illusione dello sforzarsi a cercarla o favorirla, ma tieni sempre aperta la porta, sarà lei ad entrare e farla diventare un portone.

Credi in te stesso, sii pure folle, tenace, costante, perseverante. Ma non solo con te stesso, anche con gli altri che stanno intorno a te. Non rincorre solo il prossimo successo, non devi dimostrare nulla a nessuno. Ma resta sempre in corsa, non scendere dalla sella, la bici sta in piedi solo pedalando.

Domandati sempre se ciò che stai facendo sia accettato e condiviso. Convinzione anche di chi sta con te, dipende da te, o venderà per te e comprerà ciò a cui stai pensando. Con la disponibilità di cedere qualcosa che loro stessi possiedono (che sia il loro lavoro, un attimo da dedicarti per ascoltarti, un sorriso, una pacca sulla spalla, un consiglio, un parere , 1 cent o un pacco di soldi) che tu potrai dare agli altri, in cambio delle loro capacità di fare successo delle loro idee, prodotti e delle persone che credono in loro stessi.

Per cui quando compri un prodotto o servizio, ricorda che stai riconoscendo il valore alle persone che l’hanno pensato, creato, coccolato, promosso, trasportato, consegnato, ecc.. dandogli ragione di ciò che hanno pensato e fatto (per cui non comprare mai un prodotto/servizio solo per il prezzo che ha 😉 ). Solo cosi saprai imparare e trovare il successo che cerchi, nel proporre il tuo !

Scritto non per consolarti dell’insuccesso di oggi, ma nella speranza che ti ricordi sempre il valore ed il rispetto delle persone, ora e quanto avrai successo la prossima volta. Al pari del poter esser utile anche ad altri #bottlemex

ri.pubblicato in google+ il 30/ott/2016

Crediamo nelle nostre idee e nei valori in cui siamo credibili ovunque

Gli italiani sono un popolo di Inventori  (oltre che di condottieri, navigatori, artisti, ecc..) tutte prerogative che stanno dentro di noi. Sono nel nostro DNA e fanno del nostro essere Italiani l’unicità e riconoscibilità in ogni luogo. Frutto di un patrimonio che dovremmo valorizzare. senza adeguarci a modelli vincenti d’altri.

Siamo credibili al mondo quando parliamo di fashion, food, arte , cultura, turismo. Ma non esportiamo queste nostre caratteristiche, intrinseche del nostro modo d’essere, che tutti ammirano in noi Italiani.  

Negli ultimi anni ho passato molti WeekEnd in giro per le città italiane (più di 40), partecipando ad un evento che si chiama StartUp WeekEnd (vedi http://sw.bruschi.com o http://webtvsw.bruschi.com ) che mi hanno permesso di constatare come sia innato in noi tutti Italiani  lo spirito imprenditoriale, nel “vedere” mercati ed e opportunità, frutto d’idee e esigenze che sappiamo risolvere con fantasia e concretezza che non ha pari.

Il sistema non ci premia in questo, senza colpevolizzare uno stato che protegge e mantiene aziende destinate a chiudere e lavoratori espulsi dal mercato, per consentirgli di sopravvivere. Zavorrando e drenando il nostro gettito,  in tassazioni esose che asfissiano ogni iniziativa esistente e nuova.

Ma siamo una nazione di furbi e opportunisti anche in questo, che impone e fa sopravvivere agli onesti in un dedalo di regole e regolamenti da rispettare, lasciando spazio ai migliori dribbling evasivi o elusivi di pochi furbi o fortunati mantenitori di una classe di professionisti cresciuti e pagati ad hoc.

In uno degli incontri dello StartUp WeekEnd alcuni giovani, qui intervistati mentre nel weekend elaborano la loro idea, hanno presentato un sistema per trovar cucinato

proposta che soddisfa il “cibarsi d’ogni giorno” e relega al piacere del ristorante il gusto del vero mangiare, cosi forte in tutti noi Italiani.

Oggi lo vengo a conoscenza di una analoga proposta, di un noto produttore di macchine di caffè francese

L’articolo che lo descrive http://www.dissapore.com/notizie/chefcuisine-nespresso-piatti-caldi/

Molti, primo io stesso, non sanno far da mangiare (avendo avuto la fortuna di mamma e moglie, che lo fanno egregiamente e quotidianamente). Ma se mi trovassi all’estero con amici stranieri, la pasta che potrei fare sarebbe ottima, non perchè sappia come si cucini, ma perchè conosco da sempre il sapore che deve avere.

Si potrebbero portare ad esempio casi analoghi per Arte, Vestire, Interesse turistico, Approfondimenti Culturali, parte del bagaglio del contesto o vissuto per quasi tutti gli italiani.  

Dovremmo credere maggiormente in noi stessi, nei nostri valori, quelli che ci portiamo dentro ed apprendiamo nel nostro vivere quotidiano, quelli in cui tutto il mondo ci riconosce. Nella nostra capacità ed inventiva, d’adattarci e cogliere le opportunità, in termini costruttivi. Delle nostre capacità di “visione” ed impegno, impresa e imprenditoriale (siamo il paese della Piccola Impresa che ha fatto il dopoguerra).

Tutto questo mi hanno suggerito :

Quando siamo credibili, agli occhi del mondo in qualcosa, dovremmo cominciare ad incoraggiarne lo sviluppo, opportunità d’impresa ed occupazione. Con tutta la forza della nostra capacità del parlare d’alimentazione, nel caso specifico. Rendendola una nuova realtà imprenditoriale, che esporta in tutto il mondo.

Ma sopratutto quello su cui riflettere è che questo venga proposto oltr’alpe, sollevando scandalo per aver violentato la cucina Francese, ma venga difeso ad oltranza affermando che sia necessario : Incoraggiare la Francia a cucinare e a democratizzare l’alta cucina.

Mentre l’idea dei ragazzi di Bologna resterà solo un idea, una delle tante piccole occasioni perdute, di produrre e andare verso mercati nuovi, come i condottieri Italiani sapevano “vedere” e fare, o le nostre imprese tradurre in crescita nel recente passato.

Cristoforo Colombo era forse Portoghese ?
Amara costatazione che da sempre siamo credibili internazionalmente e solo all’esterno troviamo un ambiente propenso a nuovi successi, che potrebbero essere solo Italiani.

INIZIAMO A CREDERCI

nell’innovare processi, soluzioni o processi. Non servono territori ricchi di materie prime o vie di comunicazioni e tante altre cose retaggio o vantaggio culturale del nostro paese, ma solo il credere nelle nostre idee e nei valori in cui siamo credibili ovunque

Ripublicato dell’originale su Linkedin Pulse https://www.linkedin.com/pulse/article/crediamo-nelle-nostre-idee-e-nei-valori-cui-siamo-ovunque-bruschi ed in Medium https://medium.com/@raimondobruschi/crediamo-nelle-nostre-idee-e-nei-valori-in-cui-siamo-credibili-ovunque-b05103421a0c

Basta APP, uso i BOT di Telegram

Ognuno in possesso di un cellulare installa applicazioni per ogni cosa, ma il 75 % non vengono utilizzate. Arrivano i BOT di Telegram e qualcuno ha urlato e scritto che “le APP sono finite”.

Un titolo strillato per richiamare l’attenzione su un nuovo elemento, che tutti gli operatori di messaggistica cellulare stanno implementando. Potrebbe essere la nuova rivoluzione nei cellulari, come sistema di alert o di fornitore di infomazioni e funzionalità : i BOT

Non basta più la sola messaggistica tra utenti,
che hanno fatto la fortuna di WhatsApp o Messanger di Facebook.

Non bastava Snap Chat a rubare utenti (che negli Stati Uniti tra i teenager ha più utenti di Facebook). La cui caratteristica è quella di perdere memoria di quanto spedito e consente di mandare messaggi e fotografie senza lasciarne traccia sul nostro cellulare. (manco alla mamma o al compagno/a quando te lo controllasse)

Per arginare il problema, ai programmi di messaggistica per cellulari, non basta più rilasciare versioni d’utilizzo sui computer.  Ha ceduto anche il più noto e diffuso WhatsApp, che resisteva ad essere utilizzabile solo per dispositivi mobili. Ma anche questo non basta.

Un altro programma di messaggistica insidia tutti Telegram 

La prerogativa di quest’ultimo d’essere considerato sicuro, ne aveva fatto nel periodo “fermo” di WhatsApp (avvenuto a pochi giorni di distanza della acquisizione da parte di Facebook) un successo di download ! Qualcuno ha pure provato la sua “non assoluta sicurezza crittografica” nei messaggi. Ma ne è bastata le presunzione, quale fattore di successo, per diventare una funzione implementata anche da WhatsApp

Cosa fa allora di Telegram la grande rivoluzione ?
I BOT, cosa sono e come funzionano ?

A parte messaggiare in modo sicuro, seguire gruppi e quanto altro fanno gli altri programmi di messaggistica, basta cercare le nuove funzionalità dei BOT utilizzando la barra dei contatti (ponendo la @ davanti al nome del BOT) per accedere ad un nuovo mondo di molteplici applicazioni.

@chiamato – consente di ricevere la segnalazione sul proprio cellulare, ove si sia stati chiamati mentre si era in zona non coperta o occupati in altra telefonata. la funzione d’avviso è recentemente divenuta onerosa da parte da parte dei gestori di telefonia mobile ed ora torna così torna ad essere gratuita.

@vkmusic – consente di cercare e scaricare musica per autore, album , titolo

Ci sono tanti “store” o “directory in italiano ” , spunti con l’elenco dei migliori, che ogni giorno propongono nuovi BOT e molti ne seguiranno essendo di facile sviluppo.

Esistono BOT di Telegram, che permettono di cercare nella “Divina Commedia” (vedi https://telegram.me/divinacommediabot di Francesco Paolicelli ), che possono avvertire quando un prezzo su di un sito varia e arriva al costo desiderato per un acquisto, che interagiscono e informano ! Nel mondo reale, vedi interessanti spunti nell’e-commerce, di  o il BOT del CentroMeteoLombardo  http://cml.to/robot/  utilissimo per agricoltori.

Non occorre farsi prendere la mano, è necessario controllate sempre prima cosa facciano (es: http://www.telegramitalia.it/naturismo/ )  per non trovarsi il cellulare pieno di avvisi e iscrizioni a gruppi, magari che appaiono come messaggi ricevuti sul cellulare nel momento meno opportuno.

Forse vedremo i BOT essere la risposta operativa di “avviso” per i dispositivi ed i sensori “IOT”, quando a casa nostra o nei dintorni succede che… o consentano velocemente e nel modo migliore di …

Non sostituiranno le APP, ma sono un valido supporto per il nostro cellulare nell’iterazione con il mondo digitale e non. A tal punto che tutti i sistemi di messaggistica sono corsi ai ripari annunciando il loro prossimo supporto ai BOT.

Una finestra aperta ad avere in tasca un “maggiordomo” che avvisa di ogni cosa che accade. Forse il terminale di tanti dispositivi IoT (Internet of Thing.. delle Cose) che caratterizzeranno il nostro futuro, monitorato, controllabile e programmabile, in ogni cosa e fatto che accada vicino, intorno a noi, in rete …

Un nuova rivoluzione, che vale la pena di seguire sul nascere, per capire e interpretare, senza farci trovare analfabeti e superare l’ignoranza digitale ?

copia pubblicata su Linkedin Pulse https://www.linkedin.com/pulse/basta-app-uso-i-bot-raimondo-bruschi e su Medium https://medium.com/@raimondobruschi/basta-app-uso-i-bot-di-telegram-5329fe1b5e7e

spero andremo oltre, ma dove ?

Ho letto un post di un amico Facebook che era questo:
https://www.facebook.com/claudio.erba/posts/10156412569645587


Questo l’articolo linkato http://www.corriere.it/esteri/16_gennaio_25/schengen-trattato-fatto-saltato-circolazione-non-sara-piu-libera-5808a65a-c394-11e5-b326-365a9a1e3b10.shtml

Spero andremo oltre. In genere accade così. Dove spingersi troppo, oltre certe barriere, vuol dire rischiare di farsi del male.

Forse con la fine dell’Europa e del capitalismo entreremo nella fase del post capitalismo. Forse lo siamo già, se ci soffermiamo ad alcune considerazioni sul futuro, con gli occhi di un giovane in età post scolastica.
Nessuna possibilità di emergere o posizionarsi con buona prospettive, quasi certa una vita alla giornata. Destinati a non poter costruire nulla, in quel sempre troppo precario.

Ad oggi 68 famiglie al mondo detengono quasi il 50 % dei patrimoni (l’anno scorso erano 130), forse le nazioni contano più nulla e nulla i soldi.
Visto i pochi che potranno avere disponibilità in enorme quantità, i soldi saranno sempre di più solo dei numeri rossi o neri da score personale. Lo è di fatto negli Stati Uniti (intesa come la disponibilità a sostenere spese, credit score, non tanto come si pensa ad un “gradiente di rischio” o vere somme liquide).

Per la moneta, che siano dollari, jen, stellette o bit-coin, resta valido quel “concetto del punteggio” (per determinare una misura, quale unico aspetto negativo a pesarci addosso o a premiarci a volte immotivatamente, visto che i soldi spesso non trattengono odore e colore del modo in cui li si possa fare) che di fatto si affermerà con una valuta, la misura con cui ci scambieremo i prodotti.
Un unità di misura unica, convenzionale tra le genti di ogni mondo (forse convertibile in moneta locale per sopperire ad alcuni delta), sempre frazionabile per comparare il valore di merci diverse (che è il motivo per cui esiste la moneta)

Oltre all’euro, altro elemento e tema trattato nel post, il ripristino delle frontiere intra europee per qualsiasi cittadino europeo (o dei paesi corrispondenti accettati) sarò solo una leggera incombenza nel passarle.

Ma è la strada intrapresa di chiudere le frontiere per i migranti a preoccupare

Il che potrebbe essere l’accettare un nuovo olocausto.

Il preludio o il destinare intere nuove popolazioni alla disperazione. All’essere erranti, per non perire nelle camere a GAS a casa propria, nel non accettare scelte di vita di una religione imposta. Ma che a differenza del popolo ebraico si candidano, motivati dall’argomento più vecchio del mondo (fame e condizioni di vita), all’attacco al castello, senza nulla da perdere.

In ultima analisi di vere guerre non se ne fanno più.

Lo ha fatto progressivamente la razza bipede, accorciando i tempi di propagazione, nel corso dei secoli. I conflitti, sono passati da guerreggiar tra tribù (a piedi), a paesi confinati, nazioni, continenti ecc… al pari dell’evolvere dei mezzi di trasporto: cavallo, carri, cannone, mezzi militari, aerei, missili.

Per cui le frontiere di fatto non esistono più, come stati o continenti uno contro l’altro anche economicamente.
Inutile retaggio. Grazie ad una rete telematica (internet) che sposta un libro con un click, dal magazzino a casa propria in poche ore, quanto meno di ieri si facesse per una nave di merce da saldare all’attracco con una specifica lettera creditizia.
Da domani, con le stampati 3d o la fabbrica 4.0, si potrà costruire, muovere, controllare, in pratica produrre e consegnare, da ogni posto per ogni dove, forse anche in assenza del dar lavoro agli indigeni del posto.
Le nazioni e gli stati, residuale divisioni storiche per l’applicazione di leggi, fiscalità e norme. A maggior uso e gradimento manco degli abitanti, che vivono in funzione dei difetti di un mondo globale. Nella sostanza d’applicazione, le nazioni sono le corporation, ma nessun sembra essersene accorto.

Ciò che non si può fare qui si fa di là, in quelle che chiamano nazioni,
ma solo per diverse regole che applicano. Pari allo sconcerto espresso è la proiezione del dove arriveremo, che non comprendiamo sia accettabile.

Solo le persone non cambiano. E’ qui dove verte il problema.
Genti contro genti, non con i mezzi o le armi,
ma con i corpi contro i corpi, con i valori contro i valori.

Questa la vera miseria d’affrontare, da subire o pensare di risolvere e non arginare, per evitare la tracimazione generale prossima domani !
Ma viviamo l’oggi, e lo stiamo insegnando ai nostri figli come modello imposto, chi si potrebbe preoccupare di un ipotetico domani ?

Uno scenario di Zombi che invadono spazi dove cibarsi e vivere ?

O forse come qualcuno alla fine sentenzierà: la natura farà il suo corso e migliorerà le razze e le genti di ogni paese nel mondo. Mischiandoci per una convenienza pacifica in una qualità della vita comune a tutti (tranne all’1 % che sarà giunto a detener il 99% del patrimonio mondiali, abitando in una città galleggiante che chiamerà stato, con le sue regole forse lecite e consone per se stesso). Ripartendo da un minimo comune denominatore, su cui atterremo, che potrà tornare a farci crescere su altri presupposti.

Parametri che oggi non conosciamo e di cui invochiamo la perdita, nell’averli raggiunti ma prossimi a vederli sgretolati, per iniziare ad unirci ed amalgamarci nella stessa povertà, con un processo duro ed epocale.

Lo spero !


Ma che esperto sei

Provenendo da una formazione Informatica nell’affrontare il mercato Internet mi resi subito conto che i rispettivi professionisti sono agli antipodi nel curare alcuni aspetti e rispettivamente nel non curarsene. Per sommi capi:

Informatici: Oltre al processore, disponibilità della Ram, la velocità del disco ed i suoi errori sono le priorità da curare nell’analisi del problema.
Internettiani: Marca della scheda di rete, DNS, versione WEB, tipo di connessione per banda nominale disponibile.

Per cui, il primo non si cura dei problemi di comunicazione, irraggiungibilità del sito, aspetto, utilizzabilità , visibilità. Tutto si riduce alla velocità determinata da aspetti finisci incuranti del resto. Se il computer o il server è acceso e non da errori, il potenziale c’è ma non si capisce perchè sia inespresso.

Per i secondi la cura estetica è fondamentale , vive di brand e versioni, oltre ai MB di connessione disponibili. Il resto è inutile come controllare l’auto è un opzione remota da lasciare al meccanico.

Caso patologico sono i nativi digitali, che usano e si curano di come accada e non del perchè, convinti assertori del consumo di soluzioni con incostante fedeltà, alla ricerca continua d’assorbir e pavoneggiare indicazioni di tendenze da provare e gettare. Veri consumatori digitali più che nativi, a differenza dell’utenze generica. Quando qualcosa non va reinstallalo o cambialo, si vede che si è consumato, dove tutto è obsoleto !

Negli operatori di settore emergenti, a partire dall’esperto di comunicazione per passare dalla Web Agency, Grafic Designer, Illustratore o Video Maker per arrivare ai SEO e Social Media nelle varie accezioni, ci stanno tutte e tre le posizioni sopra indicate, forti anche di lauree e master delle canoniche Ingegneria, Architettura, Lettere e tutti i nuovi indirizzi sociale e culturali.

Ultimi e trasversali arrivati sullo scenario: l’ecosistema delle Startup e dell’innovazione, siglati a varia natura come DIGITAL WORKER. Tra loro nell’ecosistema suddivisi in startupper, mentor ed advisor, business angel e venture capital, accelleratori e incubatori.

Recentemente ho verificato che molti di loro,  non sanno cosa sia un dominio o un email, confondendo un programma di posta con una webmail, l’online con il cloud, un archivio con uno storage tutti ridotti a brand di tendenza: GMail, DropBox o OneDrive, Google Doc dove i formati dei file cambiano solo rinominandoli e dove stiano sono del link. I loro verbi sono partecipazione, coinvolgimento, sostenibilità ma se li guardi bene pensano sempre solo a se stessi ed al proprio interesse privi del minimo senso del dove e cosa fare. non Risultato del caos dei loro genitori, non conoscendo il passato sono affascinati dal futuro, in cui si trovano bene essendo tutto da disegnare. Senza il minimo interesse di lasciare traccia, in un mondo che non sanno manco loro come sarà.

Adattano tutti i termini a loro beneficio, facendo un mischiotto tra economici, tecnici, funzionali. Dove ogni termine assume connotazioni diverse.
A partire dalla home page che diventa la landing page, un indirizzo personale o dominio che diventa una Vanity URL, l’upload che diventano deploy per interi ambienti, programmi che sono sempre app, dove ambienti e linguaggi si mischiamo con un ignoranza diffusa che sta tutta dentro lo store. Frutto di frasi rubate o sentite, che diventano credenze e verità marmoree. Sempre in beta perenne alla ricerca dell’exit.

Una babele di nozioni e termini, che denota solo una ignoranza diffusa , la mancanza di fondamentale concetti e cognizioni, in cui tutti appaino con il solo scopo di esserci e passare oltre.

Confermata dal fatto che  puntualmente arrivi l’utente di turno, che chiede la soluzione al problema a chi ritiene un esperto e tuttologo. Di cui mi domando sempre:

Ma se devi curarti un dente lo chiedi al podologo ?
Tutto e tutto, come farsi curare da chi s’occupi di sanità, senza differenze di specialità, esperienze e professionali !

L’informatica non è una scienza esatta, “per definizione non sia mai un computer e un programma se faccia per sempre la stessa cosa”, ma l’uomo fa la sua parte. In questo mondo, dove si va non si sà da che parte e che direzione, dipendere da capisaldi cosi certi ne avevamo bisogno.

L’insegna della città dell’innovazione sembra dire: Salite pure sul carro, tanto siamo tutti incompetenti e tra ignoranti ci si intende. Non sappiamo dove andremo e dove arriveremo, ma nel frattempo siamo tutti sullo stesso carro, presenti e partecipi del ballo a cui forse non arriveremo mai.

Ci facciamo male da soli

Il supermercato strilla i suoi vantaggi ad ogni orario, al consumatore che può comprare sempre di più, ma solo l’indispensabile.

Quando ero piccolo il lattaio era chiuso: il Lunedi, il Sabato oltre ai festivi. Spesso la mamma di corsa doveva correre a passarci in orario d’apertura, visto che in pausa pranzo era chiuso e la sera ad una certa ora la serranda si abbassava. 

Ha iniziato il centro commerciale con l’orario continuato, aperto tutto il sabato per poi estendersi alla domenica e dilatando il suo orario. Lo ha seguito il supermercato grosso fino al più piccolo dettaglio che arriverà ad adeguarsi all’orario dalle 8 alle 20.
Dalla concorrenza il consumatore ne guadagna. Il conto del personale per coprire le 12 ore è aumentato portando a 1,5 volte l’incidenza ed il cartello annuncia 3000 buone ragioni per comprare qualcosa che costerà ancora meno.

Il postino portava le lettere a mano, l’entrata del condominio aveva il portiere, dal macellaio si faceva la coda. Telefonare alla fidanzata si pagava a tempo e la lunghezza del filo, nascosti in qualche angolo di casa, permetteva di poter sussurrare parole d’amore.

Spesso il latte scaldato con il pane era la cena, se il lattaio era chiuso senza latte si saltava, visto che la scadenza era breve, non esistendo la lunga conservazione. Il pane era un modo per non farti mangiare solo il prosciutto e spesso nel latte si usava quello divenuto secco del giorno prima. Tutti eravamo più poveri. Ma si costruivano case perchè tutte riuscivano a fare un mutuo per comprarla, l’auto di famiglia ci portava al mare per un mese intero.

Ora il benzinaio e il lava macchine è self service, arrivano le email e si risponde al citofono anche se stai altrove ovunque. Il lattaio e la droghiera non ci sono più. Nella via tutti i negozianti che ti conoscevano per nome e a cui lasciavi segnato da pagare sono spariti. I centri si svuotano ed i pochi negozi sono occupare da uffici di finanza e servizi. Cattedrali nel deserto rispettosi d’orario d’ufficio, fino a che la ristrutturazione aziendale li sostituirà con un call center da chiamare e un accesso via internet per rapportarsi. I corsi e viali sono percorsi da anziani che ricordano le insegne e l’economia della strada del quartiere di una volta. Un giorno non lontano la merce sarà un file da stampare e il traffico finalmente lascerà deserte di traffico le strade.

Dove è finita quella povertà che consentiva a tutti di studiare per diventare dottori, ingegneri, architetti. Dove s’occupano tutte le persone che facevano d’artigiani e commercianti, la classe media che faceva crescere l’economia e contribuiva a far crescere una generazione, dove ogni famiglia aveva più di un figlio.


Lo strillone del benessere invade le bacheche televisive ed i canali telematici, che arrivano secondo i desideri profilati nei social di turno per un “mi piace” al nostro cellulare, Nella tasca di ognuno collegato ad ognuno, per dirsi cose che sono parole o frasi ed immagini da leggere e condividere.

L’economia si è fermata ad un orario d’apertura, d’imprese che sono aziende sempre più globali. Alla ricerca continua della disintermediazione e terzializzazione dei costi di ogni processo. Gestite da manager la cui collaborazione è sempre in bilico precario sui budget o delle performance di borsa. Possedute da pacchetti azionari detenute dai fondi, che gestiscono i risparmi della nonna, pronte ad essere vendute per mantenere figli e pronipoti, alla prima performance eccezionale che recuperi sui titoli feccia in portafoglio e cartolarizzazioni in derivati atipici, carta straccia o soldi del monopoli.

La leva del vantaggio competitivo verte solo sul prezzo più basso forte del poter offrire lavoro in stage a giovani laureati, emarginando quelli prossimi alla pensione e che hanno figli e debiti da saldare in odore di diritti da rispettare e conquiste sociali che scricchiolano.

Chi sta dentro il castello, difende diritti che senza ricambio generazionale fan diventare grige sole stanche classi protere e privilegiate. Il singolo lavoratore non arriva a fine mese, se perde il lavoro scompare. La malattia è un costo che lo condanna. Lo studio è la prospettiva di un futuro sconosciuto, imprevedibile prospettiva da spiegare alle nuove generazioni che ne sono deluse.

Sempre meno ricchi più ricchi e sempre più poveri maggiormente poveri.

Una forbice che si allarga e che si riempie di migranti e concentra i cervelli in fuga in poli attrattivi metropolitani, per una nuova economia globale che estende la miseria diffusa è il costo del benessere o forse il danno del prezzo più basso da praticare ad orari d’apertura sempre più per compratori assenti o senza soldi.

Abbiamo l’elemosina alle porte di casa ed ogni angolo di strada, senza accorgerci che sta già invadendo le case, con nuove forme di sussidiareitá del benessere, forti che la concorrenza sia il miglior mezzo per migliorare il mercato, mentre lo stiamo distruggendo insieme a noi stessi.

Adulteri che non siete altro. Continuate cosi !

Adulteri che non siete altro. Non basta un attacco hacker contro un sito d’incontri per veder pubblicati i dati di 32 milioni di (possibili) adulteri, tra cui magari voi stessi.

attacco hacker contro un sito d'incontri
Se continuate, nei siti web che promettono la luna nel pozzo, a codificarvi con l’indirizzo di posta elettronica ed inserire come password la stessa della vostra email, pubblicheranno pure quello che vi scrivete.

pubblicheranno pure quello che vi scrivete

 

Tranqui, per ora li raccolgono (illudendovi di fornire servizi fantastici) usandoli solo per inviare spam, con la vostra utenza di posta (povero vostro provider a cui urlate la palese incapacità tecnica di veder permesso d’abusare il vostro indirizzo in giro per il mondo), ma non sperate si fermino a questo :

Continuate a lasciarli letti e giacenti nelle caselle email, che pretendete essere di molti GB (capienti)

 

I vostri messaggi email ricevuti ed inviati, che lasciate sul server, valgono molto di più ! Continuate a lasciarli letti e giacenti nelle caselle email, che pretendete essere di molti GB (capienti)

#‎Beata #Goduriosa #Ignoranza

Informare costa meno che curare
‪#‎Pubblicità #Progresso #Cultura #Digitale‬