Provenendo da una formazione Informatica nell’affrontare il mercato Internet mi resi subito conto che i rispettivi professionisti sono agli antipodi nel curare alcuni aspetti e rispettivamente nel non curarsene. Per sommi capi:
Informatici: Oltre al processore, disponibilità della Ram, la velocità del disco ed i suoi errori sono le priorità da curare nell’analisi del problema.
Internettiani: Marca della scheda di rete, DNS, versione WEB, tipo di connessione per banda nominale disponibile.
Per cui, il primo non si cura dei problemi di comunicazione, irraggiungibilità del sito, aspetto, utilizzabilità , visibilità. Tutto si riduce alla velocità determinata da aspetti finisci incuranti del resto. Se il computer o il server è acceso e non da errori, il potenziale c’è ma non si capisce perchè sia inespresso.
Per i secondi la cura estetica è fondamentale , vive di brand e versioni, oltre ai MB di connessione disponibili. Il resto è inutile come controllare l’auto è un opzione remota da lasciare al meccanico.
Caso patologico sono i nativi digitali, che usano e si curano di come accada e non del perchè, convinti assertori del consumo di soluzioni con incostante fedeltà, alla ricerca continua d’assorbir e pavoneggiare indicazioni di tendenze da provare e gettare. Veri consumatori digitali più che nativi, a differenza dell’utenze generica. Quando qualcosa non va reinstallalo o cambialo, si vede che si è consumato, dove tutto è obsoleto !
Negli operatori di settore emergenti, a partire dall’esperto di comunicazione per passare dalla Web Agency, Grafic Designer, Illustratore o Video Maker per arrivare ai SEO e Social Media nelle varie accezioni, ci stanno tutte e tre le posizioni sopra indicate, forti anche di lauree e master delle canoniche Ingegneria, Architettura, Lettere e tutti i nuovi indirizzi sociale e culturali.
Ultimi e trasversali arrivati sullo scenario: l’ecosistema delle Startup e dell’innovazione, siglati a varia natura come DIGITAL WORKER. Tra loro nell’ecosistema suddivisi in startupper, mentor ed advisor, business angel e venture capital, accelleratori e incubatori.
Recentemente ho verificato che molti di loro, non sanno cosa sia un dominio o un email, confondendo un programma di posta con una webmail, l’online con il cloud, un archivio con uno storage tutti ridotti a brand di tendenza: GMail, DropBox o OneDrive, Google Doc dove i formati dei file cambiano solo rinominandoli e dove stiano sono del link. I loro verbi sono partecipazione, coinvolgimento, sostenibilità ma se li guardi bene pensano sempre solo a se stessi ed al proprio interesse privi del minimo senso del dove e cosa fare. non Risultato del caos dei loro genitori, non conoscendo il passato sono affascinati dal futuro, in cui si trovano bene essendo tutto da disegnare. Senza il minimo interesse di lasciare traccia, in un mondo che non sanno manco loro come sarà.
Adattano tutti i termini a loro beneficio, facendo un mischiotto tra economici, tecnici, funzionali. Dove ogni termine assume connotazioni diverse.
A partire dalla home page che diventa la landing page, un indirizzo personale o dominio che diventa una Vanity URL, l’upload che diventano deploy per interi ambienti, programmi che sono sempre app, dove ambienti e linguaggi si mischiamo con un ignoranza diffusa che sta tutta dentro lo store. Frutto di frasi rubate o sentite, che diventano credenze e verità marmoree. Sempre in beta perenne alla ricerca dell’exit.
Una babele di nozioni e termini, che denota solo una ignoranza diffusa , la mancanza di fondamentale concetti e cognizioni, in cui tutti appaino con il solo scopo di esserci e passare oltre.
Confermata dal fatto che puntualmente arrivi l’utente di turno, che chiede la soluzione al problema a chi ritiene un esperto e tuttologo. Di cui mi domando sempre:
Ma se devi curarti un dente lo chiedi al podologo ?
Tutto e tutto, come farsi curare da chi s’occupi di sanità, senza differenze di specialità, esperienze e professionali !
L’informatica non è una scienza esatta, “per definizione non sia mai un computer e un programma se faccia per sempre la stessa cosa”, ma l’uomo fa la sua parte. In questo mondo, dove si va non si sà da che parte e che direzione, dipendere da capisaldi cosi certi ne avevamo bisogno.
L’insegna della città dell’innovazione sembra dire: Salite pure sul carro, tanto siamo tutti incompetenti e tra ignoranti ci si intende. Non sappiamo dove andremo e dove arriveremo, ma nel frattempo siamo tutti sullo stesso carro, presenti e partecipi del ballo a cui forse non arriveremo mai.