L’innovazione non può essere un processo o un computer: è fatto di rischi e non solo di twitter e slogan
Di diritti da difendere e di azioni collettive, di processi distruttivi da gestire e di consenso da cercare. Di idee chiare e porte da sfondare. Di rischi per inseguire la sostanza in dispetto del rispetto delle regole (che innovazione sarebbe se fosse già scritta e stabilità per legge)
Con tanto sudore, pazienza e costanza, per ogni singola impressione che spesso passa inosservata ma fa la differenza .
Bisognerà che gli innovatori diventino più politici, più rilevanti.
Non scendendo in piazza per manifestare, ma in strada per divulgare che il vivere di oggi è la premessa del domani.
Perché se innovare è frutto di cultura sono le scelte un nutrirla e farla crescere.
Viviamo ogni giorno innovazioni che hanno cambiato il nostro modo di vivere, con molte ricadute anche economiche sulla nostra quotidianità.
Ma è sempre successo cosi. Nel passato impiegavano decenni per essere introdotte.
Abbiamo avuto modo di studiarle a scuola: dal telegrafo senza fili all’introduzione della elettricità. Prodotta o stoccata nelle pile o accumulatori, usata per illuminazione o trazione, per arrivare alla radio e televisione.
Alcune evidenti innovazioni, come il colore in TV o in altre tecnologiche, sono state evoluzione e preclusione di altre funzionali, come la sostituzione del tubo catodico con lo schermo a LED, che ha consentito l’alta definizione e la tri-dimensionalità nelle immagini televisive, creando nuovi mercati e occupazione.
Altre accessorie e di comodità, quali il telecomando che ha favorito il proliferare di canali tematici ed il suo facile zapping, per indurci ad arrivare alla parabola e alla tv on demand, ammazzando tecnologie recenti come la video cassetta, ed il cd a nolo dei film.
Mercati che hanno vissuto una vita breve, divenuti obsoleti nel giro di pochi anni
Hanno introdotto le vere rivoluzioni culturali, nel potere fruire e godere d’immense librerie di contenuti ed intrattenimento, spesso prodotti in diretta per assistere a momenti epocali dal proprio divano: la rivoluzione in Romania, le guerre, le catastrofi, scontri politici e fatti che hanno condizionato il globo con il filtro che l’informazione ha saputo applicare o agire o film che hanno accresciuto il nostri bagagli culturali e di conoscenza.
L’accelerazione dell’innovazione tecnologica supera i tempi di consolidamento
per arrivare a soluzioni d’esigenze fino al giorno prima irrisolte o addirittura non emerse nel consolidare quelle appena introdotte. L’avvento del cellulare ed internet sono solo gli ultimi esempi per come il mezzo innovativo, inteso come prodotto, sia solo lo strumento con cui le masse ed interessi implementano nuove forme di business, intrattenimento e condizionamento della vista quotidiana o la sua stessa evoluzione. Aumento di cultura e conoscenze, che non sempre portano a creare nuovi posti alla velocità in cui rendono desueti altri mercati, in contropartite che non sempre si bilanciano.
La distanza, la fruibilità, la velocità, l’interazione sono stati gli elementi cavalcati per superare barriere, abbattute dallo sviluppo delle tecnologie digitali, rimanendo saldi alcuni principi e vincoli che l’umanità ed il complesso delle cose non riusciva a superare, confinati sul terreno delle caratteristiche storiche o fisiche che governano le relazioni e tutto quanto ne consegue del vivere quotidiano.
Non è solo l’ambito della comunicazione ad esserne fruitore e vittima.
L’avvento nei processi manufatturieri, inizialmente con l’introduzione del controllo numerico e recentemente delle stampanti 3D, affermati strumenti per migliorare l’aspetto produttivo, hanno e stanno rivoluzionando il modo del lavoro fisico e del produrre. Ponendo seri problemi anche di modello, con ricadute sociali, per quella voce che chiamiamo lavoro e fonte del reddito quotidiano di molti abitanti di questa terra, che insieme all’evoluzione dei sistemi di trasporto, contribuiscono oltre a far mangiare in Europa le ciliege fatte in Sud America, minano ulteriormente equilibri contribuendo a delocalizzare il lavoro.
Macchine e strumenti che risolvono aspetti della produzione seriale in grandi volumi della produzione o del soddisfare la prototipazione e la stampa di pochi pezzi personalizzati e riprodotti, introducendo il mercato della dematerializzazione del prodotto.
Rivoluzione della logica del produrre, immagazzinare, spedire, consegnare i prodotti. Ponendoci alle porte di una nuova fase industriale ben riassunta nella frase “se vuoi il mio prodotto ti mando il file e stampatelo” o nell’alimentazione con dispositivi che arrivati a casa sanno e hanno prodotto il cibo adatto alla quantità di calorie consumate nelle giornata, secondo i propri migliori gusti o il fabbisogni di una sana alimentazione.
Molte e tante di queste innovazioni migliorano la vita e moltiplicano possibili scenari futuri.
S’introduce internet delle cose, consci sia l’anticamera della “pratica degli avvisi”. Un telefono Android, di cui s’utilizzi la comoda agenda, è facile avvisi di dover anticipatamente il partire causa un incidente accaduto sul percorso. Ma chi vieta che inviti a fermarsi a acquistare un capo lungo il percorso in offerta o non possa suggerire tutto quanto sia “il preferibile vivere o fare” sulla base dei mi piaci in gusti e preferenze espresse, raccolte e censite dai nostri stessi comportamenti in rete e nei nostri spostamenti, segnali in informazioni elaborabili per arrivare a calcolare il nostro modo di essere ed a consigliare chi votare, cosa comprare, dove andare. Riconoscendogli il ruolo di miglior amico e consigliere, che sa tutto e meglio indirizza noi stessi e la nostra capacità cosciente di vivere, elaborare, pianificare la nostra vita.
La caduta delle monete locali, delle frontiere e la globalizzazione, le connessioni alla rete contribuiscono e portano sempre maggiormente ad abbattere quei confini che vincolano il nostro modo di vivere, conoscerci, parlarci, crescere. Per avere ricadute su noi stessi e chi sta intorno a noi. Restano alcuni baluardi nella differenze culturali e linguistiche, per altro contaminabili nel modo dell’informazione, o degli esodi di massa per fame e lavoro, o da quello globale dei prodotti e della finanza, che ci caratterizzano e differenziano.
Uno di questi aspetti è la lingua parlata, con cui le persone si relazionano.
Forti che una lingua possa essere il riferimento per tutti. Le economie prevalenti che l’hanno propria, sono predominati, quali aggregatori o incroci culturali e politici di tutte le altre. Ma forse anche qui siamo alle porte dell’innovazione tecnologica che tende uno sgambetto alla posizione di rendita, linguistica di alcune popolazioni e territori, travestita da comodità d’uso.
Conosciamo ed usiamo tecnologie che leggono il testo o viceversa, ascoltano e rendendo testuale il parlato. Una semplice applicazione da cellulare riconosce il testo scritto in qualsiasi lingua, consentendoci di leggere nella nostra lingua madre, in tempo reale sul display del nostro telefonino o applicata agli occhiali che indossiamo. La stessa tecnologia suggerisce agli ipovendenti oggetti e riconosce persone. Guidando o controllando meglio di noi stessi le auto o i mezzi con cui ci muoviamo.
La sensazione di poter dialogare, con l’intermediazione di un traduttore simultaneo tecnologico, che è una recente innovazione introdotta in skype, supera ogni fantasia nel renderci liberi di essere cittadini del mondo, interloquire con popoli diversi senza un referente unico, con una modalità diretta ed immediata, non filtrata e non intermediata, non modulata e spesso involontariamente viziata da colui che la diffonde. Consentendo inserire un ulteriore elemento di conoscenza nelle nostre relazioni anche personali.
Il messaggio del Papa potrà essere ascoltato in ogni lingua del mondo in tempo reale al pari del discorso di un rappresentante universale (o di un stato predominante) al cospetto della popolazione della terra. Ma anche di un terrorista o di una madre che piange la morte del figlio o del singolo che dia ragione di uno stato o fatto. Documentando, giustificando e motivando le ragioni che hanno portato a comportarsi in quel modo o in quella situazione, che oggi leggiamo e conosciamo mediate e filtrate da chi le fa conoscere a noi, spesso condizionate da elementi che consentano una sostenibilità propria nel farlo. Ma sopratutto senza che sia una lingua comune a farci da riferimento e non la traduzione diretta tra una lingua e l’altra, ed in tempo reale.
Non è difficile ipotizzare che la tecnologia necessaria stia applicata in una stanghetta nei nostri occhiali o un bottone nel nostro orecchio, per farci capire (ottenere tradotta nelle nostra) ogni lingua in tempo reale. Siamo alle porte del dover affrontare forse una nuova piccola innovazione tecnologica. Si propone di risolvere un esigenza, che produce e sostiene molti posti lavoro dediti alla traduzione delle lingue parlate a scapito di altri nuovi minori in numero d’occupati. Abbatterà un altro ostacolo naturale del processo di globalizzazione e integrazione tra le persone in questo mondo ?
Ogni lingua parlata a portata di ogni ascoltatore, o di chiunque ?
Non ci sono più ostacoli tecnologici per migliorare la vita, ma bisogna risolvere una forte rivoluzione sociale per applicarli
L’innovazione per definizione è il “nuovo”, o “futuro”. È una costante di tutti i tempi. Ha spinto all’evoluzione gli uomini e il mondo delle imprese dalla notte dei tempi. Ha creato opportunità o vantaggi competitivi nelle soluzioni di prodotto o servizio, ma con quali impatti crescenti ?
Molte professionalità, specialmente artigianali italiane, sono state il frutto dell’intento di migliorare lavorazioni o servizi, di prodotto o erogazione. Hanno determinato un bagaglio d’esperienze e costituito il “valore” dell’azienda o del professionista, titolandone il successo.
Alla base di questi successi c’è sempre stata l’applicazione tecnologica. Nell’uso di materiali, nel trattarli ed elaborarli, per ottenere nuove soluzioni o utilizzi che evolvevano gli esistenti in nuova forma. Fin dalla conoscenza e padronanza del fuoco, il rapporto con l’innovazione è stata una prerogativa dell’uomo.
Con l’evolvere e sovrapporsi delle conoscenze e competenze, il complesso d’attrezzi e tecniche tramandati e coinvolti si è allontanato dall’individualità, diventando un bagaglio di cambiamenti radicali, tesi a produrre meglio, maggiori quantità, a costi inferiori, con accessibilità di mercato, con una velocità che ne faceva crescere il benessere diffuso.
L’aumento dell’occupazione con il coinvolgimento di spettri più ampi di popolazione, durante la rivoluzione industriale, faceva pensare a una illimitata corsa verso nuovi risultati di prodotto, servizi e benefici, di cui tutti avrebbero goduto per ottenere una migliore qualità di vita.
Escludendo le lotte di classe o le guerre di religione, che tendevano a far superare barriere sociali e diffusione della partecipazione, sia che fossero di materiali o meno, per un certo periodo il mondo si è sostenuto sulla disponibilità illimitata ed incontrollata di risorse naturali e tecnologiche, che l’uomo grazie all’innovazione ha trattato, per generare (in fattore di maggiore moltiplicazione) procedendo parallelamente in favore di una diffusione del benessere e della crescita sociale.
Recentemente la tecnologia ha introdotto alcuni processi di lavorazione e produzione/ erogazione, che seguendo regole finanziarie sempre più elaborate e proprie arrivano a creare ricchezze e patrimoni distanti dal mondo reale. Di certo la componente dell’automazione prima meccanica e poi elettronica nei processi produttivi, ha incrementato la velocità del procedere dell’innovazione. I limiti raggiunti traguardano e prospettano un panorama depauperato di sostenibilità ambientale ed economica, quasi ad aver superato i benefici collettivi e sociali che ispirano l’innovazione e accettano il soccombere di alcuni profili professionali o successi aziendali a perdere.
I valori sociali condivisi, che vanno tutelati per l’interesse generale nel modo del lavoro e professioni, con la globalizzazione e la caduta delle barriere del trasporto di cose, persone e informazioni, si pongono a stridere e a elevarsi per essere le nuove barriere da superare per l’innovazione, dove fortemente la tecnologia ha superato lo spazio di tempo necessario per essere accettata e assorbita dal sistema nei processi di disintermediazione e ricollocazione occupazionale che crea.
Se maggiore è il numero di anni trascorsi tra l’avvento del treno e degli automezzi del mondo dei trasporti, sono bastati una manciata di anni in accelerazione progressiva per la trasformazione del supporto di riproduzione e diffusione dell’immagine e del suono, dal disco e pellicola ed i sistemi di distribuzione, passando per cassette e cd alla fruizione telematica televisiva o informatica in tempo reale. Dove anche l’intero mondo della comunicazione vive una disponibilità informativa che pone nuovi paradigmi e modelli sociali bruciati in un messaggio di twitter.
Su questi nuovi canali si formano e diffondono idee e proposte, spesso affascinanti in termini delle prospettive e ricadute, ma che celano forse maggiori disagi sociali dei benefici che generano.
I livelli raggiunti di tecnologia e diffusione implementano soluzioni e aspettative a un livello di contaminazione d’applicazione che non lascia spazio a dubbi e riflessioni fagocitando insuccessi di scelte (compresa la scelta dell’immobilismo), pena il far scendere la serranda.
Abbiamo vissuto con freddezza personale ed entusiasmo tecnico, l’avvento del CD sulla cassetta audio e video per arrivare a ristretto spazio all’ on demand per il video casalingo.
La digitalizzazione della musica, che ha trasformato il vinile in file, ha costituito anche una presa di posizione vendicativa nei confronti dei costi imposti nel supporto di trasmissione fisico, a favore del download abusivo e selvaggio, quasi a sfida dei regni dei produttori e diritti d’autore: lo è sentiment di molte delle scelte recenti, che sembrano essere beneficio collettivo, nascondendo nell’uso di tecnologia posti di lavoro persi che stentano a lasciare il tempo di crearne di nuovi.
E’ il caso recente di applicazioni per taxi con autista (come UBER) in mercati protetti e contingentati, o degli odontotecnici e dentisti collegati nel destino del procedere dell’innovazione nei processi di due mercati che sembravano senza possibilità di essere toccati, nella professionalità svolta da categorie predefinite e chiuse per titoli e licenze da maturare o d’investimento.
La foto di destra è uno scanner, che letta l’impronta tradizionale la digitalizza. Potrebbe già esserlo se il dentista usasse una soluzione di rilevazione della dentatura esistente elettronica, ampiamente disponibile. L’odontotecnico elettronicamente disegna i nuovi denti, la cui base viene stampata in 3D al di fuori del laboratorio e potrebbero essere posta e adeguatamente colorata in bocca al paziente con un’esperienza da dècoupage hobbistico
L’odontotecnico potrebbe lavorare dal pc della cameretta di suo figlio, riuscendo a sostenere il minor margine e chiudendo il laboratorio. Eliminando i costi sostenuti per dipendenti e gli investimenti in attrezzature, le norme a cui attenersi in materia di salute e sicurezza, ecc…
Lo studio dentistico diventerà un semplice studio per la cura e preparazione, a meno che non venga inventata anche la pastiglia anticarie. Norme a parte, che consentano o contengano, la de.professionalizzazione odontotecnica è segnata. Ma:
Da questi professionisti si alimentavano lauti guadagni di fornitori, i quali pagavano il conto per le lavorazioni dentali loro e dei propri figli. In pratica se gli odontotecnici e i dentisti mangiavano con la bocca dei pazienti, ora si può temere che pazienti non avranno modo di riempire la propria bocca.
Un analogo caso potrebbe essere di impatto significativo nella gestione dei servizi pubblici, nella volontà di ricercare sostenibilità ambientale e sociale.
Avvicinandosi con il proprio cellulare ad un fermata del bus è facile ottenere l’orario di arrivo del mezzo. Ma simil dato è ottenibile senza dover essere così prossimi alla fermata cittadina, consentendo anche di richiedere il fermarsi del mezzo lungo il percorso (a favore di una maggiore fruibilità). Possibilità (tecnologia abilitante) utilizzabile anche da casa, identificando il solo punto di destinazione.
Si potrebbe così ottenere un’innovazione epocale nella gestione del trasporto pubblico, intercettando le richieste di tutti gli utenti e ottimizzando in tempo reale il percorso di mezzi automaticamente instradati e gestiti.
Indicato il dove voler andare al proprio cellulare, si potrebbe ottenere la risposta calcolata “il mezzo arriva tra 5 minuti”, previo servire altro utente sullo stesso percorso e includendo un tollerabile cambio di percorso per il successivo.
Il tutto è molto simile all’idea di chiamare un taxi in una modalità condivisa, stile car sharing del trasporto pubblico. Ma la domanda da porsi non è il vantaggio della sostenibilità ottenuta senza l’uso di linee di trasporto pubblico predefinito (soddisfacendo la relativa ottimizzazione dei rami secchi, tanto cara agli esami di Economia dei Trasporti) o l’evoluzione del taxi senza autista o a guida monitorata (diminuzione del trasporto unitario su gomma cittadino) o il valido supporto d’inter.trasporto urbano a supporto di linee su rotaia (Ferroviarie o di Metropolitana).
A parte il vantaggio di produrre nel breve nuovo lavoro per startup di programmazione e commesse per imprese nel settore dei mezzi pubblici. Possiamo considerare l’implementarlo a costo d’irrisorie applicazioni da cellulare e la tecnologia consolidata alla portata di mano e tasca di qualsiasi amministrazione.
Resta il grande problema sociale:
Nel che farne di tutti questi lavoratori (guidatori di bus urbani e taxisti) ?
Ma né le stampati e gli scanner 3D o i mezzi elettrici autoguidati contano nulla, oggi potrebbero essere i droni, le app, i google glass ecc.. Siamo di fronte ad innovazioni che sono applicazioni tecnologiche al pari del carbone o altro combustibile sostituito dal gas cittadino o teleriscaldamento per uso domestico. Con l’unica differenza che non sono servite centinaia d’anni, ma solo pochi decenni per passare dal disco in vinile al video on demand di Sky. Pochi anni perchè una stampante auto.costruita scaldando un filo plastico, diventi “ricevere un file per stampare il prodotto acquistato”.
Quanti anni impiegavano le innovazioni ? Un periodo che consentiva di far accettare i cambiamenti e introdurre nuove professionalità, con percorsi di riqualificazione e riposizionamento, permettendo di far crescere le generazioni che seguivano.
Per cui le domande da porsi sono: La tecnologia ha superato la soglia delle sostenibilità sociale ? Saremo in grado di garantire, riconvertire e riassorbire, in accettabili nuove forme e mercati, la terza rivoluzione industriale ?
Dovremo imparare ad innovare i nostri approcci e non solo a subire l’applicazione della tecnologia nell’innovazione.
ne parleremo Venerdi 20 alle ore 9,30 in Camera di Commercio di Nuoro in via Michele Papandrea 8
Pubblicato su http://corriereinnovazione.corrieredelveneto.corriere.it del 7/Feb/2013
NON SERVONO SRLS SE C’È UN IMPRENDITORE ILLUMINATO E UN RAPPORTO DI FIDUCIA
Lettera aperta agli startupper: «Il capitale sociale è importante. Perché non provare a nascere come brand di un’altra azienda?»
Si è tanto parlato delle Srls, la nuova forma di società di capitali che dovrebbe rendere più economico e snello creare aziende con un capitale sociale di un euro. Scomparirà la prassi di aprire con mille euro una società negli Stati uniti, utilizzata da molti startupper soprattutto nel campo digitale / web / software? Difficile prevederlo.
Quello che ci sentiamo di dire è che queste nuove società nasceranno un po’ zoppe. Molti giovani pensano che il capitale sociale versato sia da vedere come una sorta di immobilizzazione da segnare su un bilancio, e per questo si sono rivolti negli ultimi anni oltreoceano per i loro sogni di impresa (spesso senza nemmeno prendere un biglietto aereo). In realtà il capitale sociale, come sanno bene gli imprenditori del mondo «reale», è anche una questione di immagine, un segno di solidità, un qualcosa su cui fare affidamento.
Anche molto concreta: quale fido accorderanno le banche a una società in cui i fondatori non hanno investito nemmeno un euro? Chi avrà interesse a fare un contratto con una società i cui soci risponderanno alle obbligazioni fino a 1 euro? E via dicendo. Se il sistema Italia vuole crescere, gli imprenditori e gli startupper devono trovare il modo di andare oltre, e a volte anche contro, le leggi e leggine che imbrigliano in norme e commi la fantasia e la voglia di fare impresa. Serve fiducia, in quest’alleanza ipotetica tra imprenditori tradizionali e imprenditori in potenza, che permetta di superare gli ostacoli. Un’azienda può scegliere di nascere anche non come azienda, ma come semplice «brand», come prodotto o nuovo mercato, all’interno di un’azienda esistente. Come abbiamo raccontato in adottaunastartup.com, agli imprenditori diciamo di dare una scrivania e di segnare tutti i conti su un foglio di calcolo. Dividere le prime spese, dividere i primi profitti. Magari le spese le si possono dividere anche dopo i primi profitti, lasciando che sia l’azienda già esistente a farsene carico.
Non serve lanciare una nuova azienda per stampare in maniera innovativa delle scarpe personalizzate, si può andare in un’azienda di scarpe e lanciare il prodotto dall’interno di una struttura già esistente. Non solo è più economico, ma anche più rapido ed efficace. Perché lo startupper mette la passione al servizio dell’impresa. Perché l’imprenditore mette la conoscenza delle dinamiche del mercato al servizio dell’impresa. Perché la fiducia tra queste due figure permette di scavalcare i mille modi e i centomila costi accessori con cui viene spesso soffocato lo spirito dell’innovazione italiana.
è con viva soddisfazione che registro il Vostro interesse alle iniziative che il Comune di Brescia, all’interno dei progetti in attivazione per la realizzazione di Brescia Smart City, sta avviando sul territorio.
Nel solco di questo progetto si rende necessario convocare per venerdì 26 ottobre p.v. alle ore 17.30 presso la Sala Giunta di Palazzo Loggia, una prima riunione plenaria del Panel di Esperti che analizzerà le Idee Progettuali di Innovazione Sociale per una pre-analisi critica in vista della presentazione degli stessi al Ministero nell’ambito delle iniziative di sostegno alla nuova impresa giovane attivate dal MIUR con il bando dello scorso 5 luglio.
Il ruolo onorifico che siete chiamati a ricoprire assomma in sé valori che la nostra Smart City vuole promuovere con decisione, quali il sostegno concreto della creatività imprenditoriale, il patto generazionale d’impresa, la trasmissione dei saperi e la valorizzazione di un sistema virtuoso che sul nostro territorio possa trovare massima e completa spinta propulsiva per una crescita ispirata a principi di sostenibilità, benessere, partecipazione.
Nel ringraziare tutti quanti per la gradita adesione, l’occasione mi è propizia per salutarvi con vivissima stima.