Sparirà il ruolo delle badanti!

Il Futuro del Lavoro: Un Mondo in Trasformazione.

Le previsioni sui lavori del futuro stanno delineando uno scenario inquietante: molte professioni concettuali e di processo diventeranno obsolete, lasciando spazio solo ai lavori manuali come elettricisti, idraulici e operai stradali.

Tuttavia, anche questi lavori potrebbero essere offerti a un prezzo sempre più basso, rendendo tutti i lavoratori sostituibili e, di conseguenza, potenzialmente disoccupati.

Persino coloro che progettano e costruiscono questi sistemi rischiano di essere sostituiti dalle stesse tecnologie che hanno creato.

È incredibile ciò che stiamo vedendo.

Prendiamo, ad esempio, il G1 di Unitree Robotics, un robot dal costo di 16.000 dollari.

  • Altezza: 1,32 m (piegato 69 cm)
  • Peso: 35 Kg
  • Movimenti: Simili a quelli umani
  • Velocità di camminata: 2 m/s
  • Tecnologie: LiDAR 3D e telecamera di profondità
  • Comandi: Capacità di comando vocale
  • Durata della batteria: 2 ore
  • Capacità di sollevamento: 2 Kg per braccio
 

Attualmente, con le caratteristiche fisiche e il prezzo del G1, ci sono già delle applicazioni pratiche che potrebbero portare a un successo di mercato senza precedenti.

  • Agricoltura: Potrebbe essere utilizzato come forza lavoro per raccogliere frutta e ortaggi nei campi.
  • Processi produttivi o lavori a rischio e ripetitivi.
  • Pulizia urbana: Potrebbe essere impiegato per la pulizia puntuale delle strade.
  • Turismo: Potrebbe fornire indicazioni ai turisti.
  • Assistenza alle persone disabili o anziane.
  • Il tuo lavoro, mansione e compito!

La capacità di trasporto limitata, solo 2 kg per braccio, lo rende al momento inadatto per lavori pesanti, ma la prossima versione sicuramente supererà questa limitazione e sicuramente. Ma saranno in grado di coordinarsi con tutti gli altri strumenti elettronici, elettromeccanici e digitali, che normalmente usiamo o li sostituiranno inglobando nelle loro prestazioni e funzionalità, mettendo in crisi indirettamente altri mercati produttivi.

Stiamo assistendo alla lotta per il dominio di una ennesima rivoluzione industriale, dopo quella digitale per altro non ancora ben diffusa e apprezzata generazionalmente.

  1. Il primo browser: 1994
  2. Lo smartphone: 2007
  3. L’IA generativa: 2023
  4. Primo robot umanoide che sostituisce il lavoratore 20XX

C’è il rischio che in ogni questo settore l’uomo possa essere sostituito, anche le badanti.

Speranze e Preoccupazioni

L’auspicio è che queste tecnologie non sostituiscano l’essere umano, ma lo affianchino e lo supportino. La speranza è che l’uso dell’IA per possa avere un impatto positivo nel lavoro quotidiano, come lo è già per la medicina diagnostica o a supporto di molte professioni. Ne che trovino terreno fertile prima nelle applicazioni belliche.

 


Non mi sorprenderei se in futuro vedessimo Amazon utilizzarli per la consegna a domicilio con mezzi a guida autonoma per autoconsegne 

se li trovassimo nelle offerte scontate dei supermercati ed online

Versatilità professionale: limite o opportunità?

Nel mondo del lavoro in rapida evoluzione, molti si trovano con un CV che racconta una storia non lineare. Esperienze diverse, ruoli variegati, competenze che spaziano in più settori.

Come viene percepita questa versatilità?

🔄 Il mio linkedin.bruschi.com è certamente variegato di successi e ruoli, di certo non lineari. Segue comunque un filo logico nel mondo del digitale, sviluppando competenze in vari contesti grazie a diverse esperienze professionali.

🤔 Quali percezioni genera la consultazione di un curriculum del genere?

“Sa e ha fatto un po’ di tutto”! Da leggere come complimento o una critica velata? E di conseguenza, come reagire e considerare qualcuno che sminuisce un’esperienza variegata?

💪 Certo, potrei anche sturare un lavandino (lo so fare, anche se non è un’attività digitale) o coltivare meglio un giardino (visto che ho fatto studi superiori in agraria) con lo stesso impegno con cui terrei la contabilità, farei fundraising di capitali, stenderei una ricerca di mercato o curerei gli aspetti normativi di un settore o tematica.

🔍 Chi ne faccia un critica, mi fa capire più cose: non potremmo mai lavorare insieme e non comprende come la versatilità sia un pregio, frutto di una curiosità attrattiva. Inoltre chi non lo capisca è vittima o soffrirà la possibilità di perdersi un oceano di opportunità di apprendere sempre da ogni momento e nuova attività da svolgere.

✨ Amo la versatilità e la capacità di adattarmi a contesti diversi, ma c’è una cosa che ho imparato: è importante scegliere con chi condividere le proprie capacità. E io scelgo di investire il mio tempo e le mie energie con chi davvero apprezza il valore della mia esperienza, non solo per fare due risate o altro più vile fine!

💡 E mi domando:

  • 🌐 In un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici, essere adattabili è cruciale o rischioso?
  • 🏢 Le aziende cercano davvero “specialisti” o hanno bisogno di professionisti flessibili?
  • 📚 Come bilanciate l’ampliamento delle competenze con l’approfondimento in aree specifiche? Quali sfide affrontate per mantenersi aggiornati in più campi?
  • 💼 L’esperienza multidisciplinare ha sempre portato a soluzioni innovative inaspettate. Come sfruttate le connessioni tra diverse aree di competenza in azienda?
  • 🔮 La versatilità sarà più apprezzata in futuro? Come prepararsi per un mercato del lavoro in continua evoluzione?

Se la multipotenzialità o versatilità, frutto dei soft skill, è il futuro, come vedi le esperienze diverse?

Pensi ancora a “cosa farai da grande” e a “come migliorare la tua posizione in azienda”?

chi ha inventato le ferie è un cretino

odio questa Italia che va in ferie .. che chiude e si ferma tutto…

per tutto l’anno ti senti dire: sentiamoci dopo agosto, dopo pasqua, dopo natale…dopo qualcosa sempre, in altri paesi ti dicono: si o no in qualsiasi giorno dell’anno, e si fa avanti un altro. Non vivi di rimandi continui ed estenuanti.

Cosi avevo scritto in un post ed Elena risponde:
Le aziende dovrebbero fare come gli ospedali, stare sempre aperte come la concorrenza, ma ti giro invece la risposta di una mia collega in merito 🤣:

Ma tu sei matta!!!! Tanta manna che le persone vanno in ferie!
Si vede che all’estero facendo cosi sono tutti rincretiniti 😅

Oltretutto le ferie sono un costo per l’azienda se accumulate.
Quindi se chiude le smaltisce!!!

Elena gli risponde:
Se restassero aperte anche ad agosto ogni anni credo che vendite e fatturato aumenterebbero molto..

Se cerchi un lavoro e hai bisogno di un guadagno ti dicono bisogna aspettare a Settembre e cosi in altri periodi dell’anno.

Gli HR (HUMAN RESOURCE = agenzie per l’occupazione e responsabili personale) sono in ferie. Ma intanto c’è chi magari non può farle e cerca un lavoro deve attendere perché chi lo ha va in vacanza.. e cosi in tante altre cose 🤦🏻‍♀️.

Sempre dover attendere il godere e beneficiare d’altri, nella pausa pranzo, nel caffe da bere, nelle riunioni da finire, nella telefonata in corso.. pure la video conferenza ora.  Sembra di vivere l’alibi nel passato di : Mi spiace, manca un timbro, torni domani.

Ha sicuramente ragione Elena al di la del punto di vista personale:

Fare le ferie durante l’anno aumenterebbe l’occupazione complessiva, per sopperire alla rotazione delle ferie da godere durante l’anno.
Si ottimizzerebbe l’utilizzo infrastrutturale, rimanendo sempre in uso immobili produttivi e uffici o attrezzature ed impianti.
Il mercato turistico diluirebbe le presenze e meno punte di concentrazione di presenza (minimo comune denominatore d’uso, non servirebbe un albergo di 100 stanze occupato solo 2 mesi e tutto il resto che ne consegue, inutilizzato per la maggioranza del tempo).
Forse costerebbe meno andare in vacanza durante l’anno e sarebbe sicuramente meno caotico.
Post covid anche meno problematico salutisticamente !

MA CHI HA INVENTATO LE FERIE?
CHE SENSO HA FERMARE TUTTO IN ESTATE, A PASQUA E NATALE ? 

PIU FERIE E MENO FERMI

Sei dislettico? Forse non lo sai! #dsa

Sei dislettico (*)?
Io prendo 18 su 20 punti nel test per adulti, e se lo fossi anche tu?

(*) Si dice e scrive: dislessico, impronunciabile e non scrivibile per chi lo sia. Ma sempre puntualizzato dai “normali” con il “complesso della maestrina dalla matita rossa“. A caccia di poter dare cattivi voti inferiori a 5 in rosso evidente. Sempre pronti a poter bandire e mettere alla pubblica gogna, senza leggere contenuti espressi!

Verificalo a questo link: https://genitoriedsa.wordpress.com/2016/11/29/dislessia-e-adulti-e-se-fossi-dislessico-anchio-test/

Oggi una diversità riconosciuta anche in forma associativa a tutela https://www.aiditalia.org/

Mi consolo, essendo sinonimo di diversità. Spesso “si dice” che sia, e fosse, una prerogativa delle persone geniali, spesso incomprese. Per questo motivo divenute tali: dovendo combatte e sforzarsi per risultare all’altezza dei normali arrivino ad essere migliori. #consolatevi !

Ritrovandomi in questo appunto per molti aspetti del vissuto https://ninetyninenews.wordpress.com/2015/11/11/la-fortuna-di-essere-dislessico/

Se la DSA fosse dei miei tempi, per gli esami universitari sostenuti forse sarei laureato in entrambe le facoltà, che ho “freguentato” (mi richiede un grosso sforzo scrivere le “q” al posto delle “g”) oltre alle “freguenti” fughe da deficit di disattenzioni che però mi rendo conto solo oggi: “mi hanno permesso di essere quello che sono”.

Oggi sono previste, dalla Legge 170 e dalle Linee guida per i DSA allegate al DM 5669/2011:

misure dispensative:

privilegiare verifiche orali piuttosto che scritte, tenendo conto anche del profilo individuale di abilità;
prevedere nelle prove scritte tempo supplementare fino a un massimo del 30% in più oppure l’eventuale riduzione quantitativa, ma non qualitativa, nel caso non si riesca a concedere tempo supplementare;
considerare nella valutazione i contenuti piuttosto che la forma e l’ortografia.

strumenti compensativi:

uso di PC con correttore ortografico e/o sintesi vocale
calcolatrice
altri strumenti tecnologici

Per colpa di un “mi piaci”

Reazioni e comportamenti anomali sui social network ed in rete internet?

Da se sempre, ogni giorno, accadono tanti fatti e cose. Ma nel nostro tempo sempre maggiormente ogni elemento appare singolarmente focalizzato. Specialmente nei social, dove la forma espressiva impone l’utilizzo di brevi testi o slogan.

Quali meccanismi sostengono ed alimentano una diffusa presenza di messaggi d’odio e posizioni estreme?

Tutto viene proposto e colto in piccole parti o dosi, che si prestano a singole sommarie e superficiali diverse interpretazioni. Complice anche il poco tempo, che spesso non favorisce un dovuto approfondimento.

Sicuramente questo da un punto di vista si semplifica la vita, senza doverla valutare e considerare nell’insieme della sua completa articolazione di stridenti contraddizioni o posizioni, digerita e valutata in un più ampio spettro di soppesate espresse opinioni. Favorita da un’ampia diffusione e veloce crescente partecipazione, con un semplice “mi piace” o “condivisione”, per un titolo spesso fuorviante nell’esprimere la propria opinione senza filtri e apparenti consegui.

Atteggiamenti e comportamenti vissuti in “botta e risposta” a suon di crescenti commenti, per dire l’ultima o dimostrare qualcosa a qualcuno, che non sta di fronte. L’avversario si cela distante nell’ampia platea che assiste, nell’insieme di tutti i profili anonimi di chiunque, pronto ad intervenire come “un esperto”, senza dover dimostrare titoli o competenza.

Diventa naturale esprimere marcate ed esasperate opinioni complessivamente giudicanti e giudici di ogni aspetto
spesso senza merito o esperienza

Ogni parere sostenuto singolarmente, contribuisce irrimediabilmente a ritrovarsi compromessi. Progressivamente è inibita la possibilità di valutare ed esprimersi correttamente su quanto complessivamente ed obbiettivamente è accaduto intorno a noi, involontari complici o vittime di quanto non potevamo immaginare, sostenere ed esprimere.

Questo è sempre accaduto. Si inizia da un piccolo screzio, si alza la voce ed a forza di spintoni diventa una rissa.

Ognuno deve “suonarle” al proprio vicino. In un ambiente come la rete o sui social, con il conforto del solo tono delle parole espresse, in stringate espressioni di parte, dove “darsele” sembra far meno male reciprocamente.

In assenza di dolore e rapporto fisico diretto (apparentemente non sono visibili ossa rotte e ferite sanguinanti, feriti e vittime che restano sul campo): i danni solo morali e psicologici, ma favoriscono e alimentano orgogliosi e anacronistici prosegui. Passando di rissa in rissa, di argomento in argomento, con impavida tenacia.

Benché con con le parole si possa maggiormente ferire, nessuno ne esce con la vittoria o con evidenti conseguenze nel breve tempo d’espressione. Ogni confronto alimenta e fa cresce la voglia di potersi riscattare, o galvanizzare nel dover picchiare più forte la prossima volta, nel successivo post contro un fronte avverso alle posizioni maturate, immersi nell’immunità della distanza fisica.

Il linguaggio è da slogan, più semplici da capire e facili a rappresentare chissà quale propria opinione.

Il linguaggio risulta comprensibile e schietto alla portata di chiunque, anche alle più basse culture popolari. Un facile invito al poter partecipare ed interagire con il chiasso di strada.

Contributi e contenuti o proposte trovano facile presa sulle masse, non troppo soppesati in deduzioni e soluzioni poco valutate, ma che contano maggiormente del numero di acculturati ed approfonditi consapevoli posizioni.

“Menare” non richiede forza o l’essere riconosciuti dal vicino.

Gli spalti sono immensi ed ovunque, immediati e perenni.  Lo strumento non è la strada, non è la via o il quartiere. Ognuno resta uno dei tanti, letto e spesso nascosto nel profilo di un “non amico”. Nella virtualità della rete, dove i contendenti si posso umiliare senza misurarne il male reso o ricevuto.

Le urla dagli spalti si sovrappongono a quelle dei gladiatori, intervengono a sproposito, calandosi inesorabili. Partecipando alla lotta attivamente, senza metterci la faccia o del dover dimostrare la propria fisicità predominante.

Il perché si sia iniziato si perde, in oggettivazioni di merito e particolari marginali, che tracciano solchi o facciano uso di nuovi trucchi e artifizi tecnologici.

Ogni antagonista si presenta al prossimo post per renderlo maggiormente ricco e fitto di nuove ragioni, dati o condivisioni, spuntate chissà da dove. Partecipi con interventi fuori tema o personali a suffragio, che intercalano disturbando, fuorviando il tema in corso.

Forti di un algoritmo tecnico che aggrega i simili nella convinzione di essere dalla parte della ragione e della massa, emulando stessi atteggiamenti ed argomenti. Logiche e modelli storici, che vivono dimenticati nei libri di scuole e studi sociali sulle curve di diffusione e imitazione, fanno il resto.

Astenersi è un gesto che penalizza, entrare nella rissa esalta, urlare commenti ad effetto costa nulla. Entrare a gamba tesa sembra non far male.

Crescono e si moltiplicano atteggiamenti da spettatori urlanti battute nello scuro antistante il palco tra il pubblico, con interventi pungenti e dissacratori, avvallati dal numero di pollici alzati ricevuti, lontano da essere valutati per chi li abbia posti.

In ogni intervento la massa di tante espressioni e opinioni singole pesa maggiormente nel complessivo, distraendo e dimenticando l’interesse comune, su cui maturano aspetti e comportamenti comuni o prese di posizione, che pesano nella vita di tutti i giorni da vivere nella realtà.

Uno vale uno, indipendentemente da quanto e come sia maturata l’espressione di voto. 

Mentre la realtà è sempre più complessa, si avanza annebbiati nel percorso intrapreso in animati confronti e duelli, persa la ragione di poter valutare nel suo insieme in modo oggettivo. Trascinati da altri a cui dare ragione in aspetti marginali. Associati agli appartenenti alla parte di cui si è catalogati partecipi, solo per aver fatto semplici “mi piaci e condivisioni” anche di altre piccole ragioni ed opinioni, chissà quando.

Essere parte di un gruppo è nella nostra natura del bisogno di aggregarci, di sentirci parte e forti  in un insieme di simili

Lo sono i vestiti dell’adolescenza, diventano i comportamenti nei social a scapito di ideologie e posizioni maturate.

Il mezzo facilita l’esserne parte, offusca la possibilità d’attendere ed ascoltare tutto il complesso delle cose e dei fatti. Valutati e misurati in piccoli singolari e marginali aspetti condivisi. Tradita la natura umana di esseri pensanti, divenuti analfabeti digitali o intelligenze disfunzionali, ridotti ad ignorare, appartenenti ad un gregge.

La mandria si sposta seguendolo un tortuoso percorso, suggerito e coretto a suon di piccoli espressioni dal mandriano, che conduce il popolo bue solo per proprio interesse. Abilmente propagata ed esaltata da sconosciuti contatti, che diffondono senza consentirne l’iterazione e gli interventi ad altri, vittime anch’essi della profilazione e aggregazione tra i simili che la piattaforma tecnologica favorisce, per vedere il mondo come suggeriscono le preferenze e conferme poste a suon di “mi piaci e condivisioni”.

Pensare ed esprimersi con la propria testa, con la forza delle proprie idee e opinioni, richiede uno sforzo che la facile reazione e ripetizione di brevi frasi o slogan non lo consente. Valutare il potenziale del mezzo e l’abuso della tecnologia è una lontana prerogativa dei soli addetti ai lavori. La menzogna, o la falsità meglio raccontata, si fa strada più velocemente di ogni verità o ragionamento logico, oggi chiamate fakenews.

Parlare ad un amico “vicino di tastiera”, significa pronunciarsi nel megafono della radio nelle piazze. Tutti occasionali oratori al balcone di Palazzo Venezia ai partecipanti al comizio, ad altri che mai s’incontreranno o che si possa conoscere in chi sia o stia ovunque, senza il tempo di valutarne il profilo o cosa rappresentino, convincendoci di essere parte e parere condiviso della folla.

Inconsapevoli Attori e Vittime di proprio destino e appartenenza non scelta e mediata.

Tutto accade per colpa di un click, un “mi piace” o “una condivisione”, per ritrovarsi nel girone dantesco di cui non si è mai voluto essere parte.


Come sempre anche nei social, chi sta alla finestra a guardare non ci rimette, chi scende in campo (anche solo con un click) rischia di entrare nella mischia ed essere parte delle risse che leggiamo nei social network ogni giorno.

Ma forse per crescere vale la pena farne parte.

pubblicato anche in: 
Medium – https://medium.com/@raimondobruschi/per-colpa-di-un-mi-piaci-1018083bdd1f 
Linkedin –  https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:6454762061363707904/

La libertà d’ascoltare e condividere

La libertà di parlare ed esprimersi, di contare qualcosa per ciò che si dice, termina quando non vi sia alcuno che ascolti.

Parlare per slogan, spesso a sproposito, con frasi eclatanti o pervasive (lo viviamo nelle campagne elettorali quotidianamente) serve solo a sperare che qualcuno ne parli, amplificando la visibilità di coloro che nessuno ascolta.

Serve qualcuno che ne parli ad altri, a cui non si arriva direttamente o si passa, per gli inascoltati o inascoltabili da molti. Sperando di poter usare un megafono involontario, prestato da qualcuno di autorevole, che appunta con la massima indignazione che trascini cosi propri amici e conoscenti in un coro di esternazioni a seguire nei social. Non è un modello nuovo: ci sono anche i professionisti dell’indignazione. Macchiette della radio e televisione, ore pure del web e dei social, che godono di un  grande seguito “per la comicità che generano”, “gasati” da altrettanti che lo incitano a far bravate o a dir fesserie per farsi quattro risate. Ne è sempre stato pieno il mondo dal gruppetto delle piazza, a scuola ed al bar dello sport.
Concedendo a chi non ha ascolto (se non la limitata platea di cechi fedeli o dei pagliacci che lo incitano) un palcoscenico insperato, al pari del più illustre autorevole che si indegni di quanto legge e commenta. Per potersi far ascoltare dall’ultimo disattento o frustrato, che lo possa votare, piacere o condividere, con sdegno o stima di ciò che sente o legge. Non importa, come o per cosa, basta apparire il più possibile ovunque. Il palco e la pista della sala da ballo è piena di goffi ballerini e pagliacci con strani vestiti, che più lo sono, o assurdi che siano in quanto affermano e fatto, alimentano il carrozzone dello spettacolo e di clienti. Avanti lo spettacolo è unico nel suo genere.
Che ne parlino, se male pure meglio, si ottiene più ascolto.

Questa è la regola del poter essere ascoltati, per cui del poter parlare liberamente, in un contesto pieno d’informazione strillata è necessario trovare mezzi e strade per poter emergere. Essere parassiti d’altri, della loro reputazione e visibilità sono le nuova strade percorse. Nessuno ti arresta se dici castronerie, ma è il caso di imparare a non ascoltarle e farne leva di diffusione con altri, per non accreditare e dare spazio che cercano, in un modello che alla fine scredita se stessi solo per aver dedicato tempo ad ascoltare e darne proselito involontario e con i migliori auspici di conoscenza delle affermazioni estreme d’altri.

Quando tocchi il fondo peschi a strascico, ogni rifiuto è cibo.

In questo senso pure una notizia falsa, tendenziosa o pretestuosa, gioca a il proposito di poter aumentare la propria visibilità. La disdetta (che puntualmente viene fatta) non verrà letta, condivisa, commentata, diffusa da nessuno.

E’ un gioco al massacro che non rende, vale il tempo di vita della fiamma di un cerino (si certo accendendone tanti non vivi al buio), darne seguito da luce ulteriore a chi abbia finito i fiammiferi, tendendo solo a deludere chi ascolta e garantisce di essere letto o seguito per ciò che vale nella libertà e civiltà di ciò che fa o in cui crede .

Ai Troll non si da seguito, farlo li accredita ed esalta.
Dedicato ad una amica, almeno cosi io spero sempre e solo di poterla ritenere!

Google premesse negative

Google non potrà più suggerire, lo dice il garante !
Termina l’opportunità di dare indicazioni !

Una sentenza in Genova inibisce i “suggerimenti digitando nella sua barra di ricerca”. Ispirava danno per un azienda. La sentenza: Google “condannata”: Garante Privacy ordina di cancellare la “ricerca assistita”

Succederà anche per tutti le attività che segnalano “parti ora” o “domani prendi l’ombrello pioverà” ?

Premessa tecnologica per ottenere dalla profilazione una “guida alle scelte” !

Il business di condizionare la vita delle persone diventa più nebuloso per google ?

Dedicato ad un amico che ha fallito


Sono certo delle tue capacità. L’unica cosa che posso insegnarti è che nella vita e nelle imprese sono le persone che contano.

Se cosi non fosse: ogni individuo, imprenditore, impresa, iniziativa, rapporto avrebbe successo. Non sono i soldi, i muri o gli attrezzi a fare la differenza ed a creare valore. Ma le persone (il team, la partecipazione, il coinvolgimento, la dichiarazione di fede o fiducia, ecc..). Il resto sono solo modelli applicabili in mercati conosciuti, o se innovativi per applicarli correndo il brivido di spingerti oltre: con nuovi Prodotti, Processi, Approcci. Fallire ed avere successo sono lati delle stessa medaglia.

Non avere invidia degli altri, spesso hanno più problemi dei tuoi. Se non li hanno è perchè non li fanno vedere. Anche tu non li hai, agli occhi di chi incontri. Può darsi che ne abbiano avuti o sono in una fase favorevole delle loro vita. Trovatisi al posto giusto nel momento giusto (ma hanno le tue stesse capacità nell’aver colto l’occasione se si presenta). E’ una cosa che si chiama fortuna, ma ricorda che è lei che ti trova. Falsa l’illusione dello sforzarsi a cercarla o favorirla, ma tieni sempre aperta la porta, sarà lei ad entrare e farla diventare un portone.

Credi in te stesso, sii pure folle, tenace, costante, perseverante. Ma non solo con te stesso, anche con gli altri che stanno intorno a te. Non rincorre solo il prossimo successo, non devi dimostrare nulla a nessuno. Ma resta sempre in corsa, non scendere dalla sella, la bici sta in piedi solo pedalando.

Domandati sempre se ciò che stai facendo sia accettato e condiviso. Convinzione anche di chi sta con te, dipende da te, o venderà per te e comprerà ciò a cui stai pensando. Con la disponibilità di cedere qualcosa che loro stessi possiedono (che sia il loro lavoro, un attimo da dedicarti per ascoltarti, un sorriso, una pacca sulla spalla, un consiglio, un parere , 1 cent o un pacco di soldi) che tu potrai dare agli altri, in cambio delle loro capacità di fare successo delle loro idee, prodotti e delle persone che credono in loro stessi.

Per cui quando compri un prodotto o servizio, ricorda che stai riconoscendo il valore alle persone che l’hanno pensato, creato, coccolato, promosso, trasportato, consegnato, ecc.. dandogli ragione di ciò che hanno pensato e fatto (per cui non comprare mai un prodotto/servizio solo per il prezzo che ha 😉 ). Solo cosi saprai imparare e trovare il successo che cerchi, nel proporre il tuo !

Scritto non per consolarti dell’insuccesso di oggi, ma nella speranza che ti ricordi sempre il valore ed il rispetto delle persone, ora e quanto avrai successo la prossima volta. Al pari del poter esser utile anche ad altri #bottlemex

ri.pubblicato in google+ il 30/ott/2016

spero andremo oltre, ma dove ?

Ho letto un post di un amico Facebook che era questo:
https://www.facebook.com/claudio.erba/posts/10156412569645587


Questo l’articolo linkato http://www.corriere.it/esteri/16_gennaio_25/schengen-trattato-fatto-saltato-circolazione-non-sara-piu-libera-5808a65a-c394-11e5-b326-365a9a1e3b10.shtml

Spero andremo oltre. In genere accade così. Dove spingersi troppo, oltre certe barriere, vuol dire rischiare di farsi del male.

Forse con la fine dell’Europa e del capitalismo entreremo nella fase del post capitalismo. Forse lo siamo già, se ci soffermiamo ad alcune considerazioni sul futuro, con gli occhi di un giovane in età post scolastica.
Nessuna possibilità di emergere o posizionarsi con buona prospettive, quasi certa una vita alla giornata. Destinati a non poter costruire nulla, in quel sempre troppo precario.

Ad oggi 68 famiglie al mondo detengono quasi il 50 % dei patrimoni (l’anno scorso erano 130), forse le nazioni contano più nulla e nulla i soldi.
Visto i pochi che potranno avere disponibilità in enorme quantità, i soldi saranno sempre di più solo dei numeri rossi o neri da score personale. Lo è di fatto negli Stati Uniti (intesa come la disponibilità a sostenere spese, credit score, non tanto come si pensa ad un “gradiente di rischio” o vere somme liquide).

Per la moneta, che siano dollari, jen, stellette o bit-coin, resta valido quel “concetto del punteggio” (per determinare una misura, quale unico aspetto negativo a pesarci addosso o a premiarci a volte immotivatamente, visto che i soldi spesso non trattengono odore e colore del modo in cui li si possa fare) che di fatto si affermerà con una valuta, la misura con cui ci scambieremo i prodotti.
Un unità di misura unica, convenzionale tra le genti di ogni mondo (forse convertibile in moneta locale per sopperire ad alcuni delta), sempre frazionabile per comparare il valore di merci diverse (che è il motivo per cui esiste la moneta)

Oltre all’euro, altro elemento e tema trattato nel post, il ripristino delle frontiere intra europee per qualsiasi cittadino europeo (o dei paesi corrispondenti accettati) sarò solo una leggera incombenza nel passarle.

Ma è la strada intrapresa di chiudere le frontiere per i migranti a preoccupare

Il che potrebbe essere l’accettare un nuovo olocausto.

Il preludio o il destinare intere nuove popolazioni alla disperazione. All’essere erranti, per non perire nelle camere a GAS a casa propria, nel non accettare scelte di vita di una religione imposta. Ma che a differenza del popolo ebraico si candidano, motivati dall’argomento più vecchio del mondo (fame e condizioni di vita), all’attacco al castello, senza nulla da perdere.

In ultima analisi di vere guerre non se ne fanno più.

Lo ha fatto progressivamente la razza bipede, accorciando i tempi di propagazione, nel corso dei secoli. I conflitti, sono passati da guerreggiar tra tribù (a piedi), a paesi confinati, nazioni, continenti ecc… al pari dell’evolvere dei mezzi di trasporto: cavallo, carri, cannone, mezzi militari, aerei, missili.

Per cui le frontiere di fatto non esistono più, come stati o continenti uno contro l’altro anche economicamente.
Inutile retaggio. Grazie ad una rete telematica (internet) che sposta un libro con un click, dal magazzino a casa propria in poche ore, quanto meno di ieri si facesse per una nave di merce da saldare all’attracco con una specifica lettera creditizia.
Da domani, con le stampati 3d o la fabbrica 4.0, si potrà costruire, muovere, controllare, in pratica produrre e consegnare, da ogni posto per ogni dove, forse anche in assenza del dar lavoro agli indigeni del posto.
Le nazioni e gli stati, residuale divisioni storiche per l’applicazione di leggi, fiscalità e norme. A maggior uso e gradimento manco degli abitanti, che vivono in funzione dei difetti di un mondo globale. Nella sostanza d’applicazione, le nazioni sono le corporation, ma nessun sembra essersene accorto.

Ciò che non si può fare qui si fa di là, in quelle che chiamano nazioni,
ma solo per diverse regole che applicano. Pari allo sconcerto espresso è la proiezione del dove arriveremo, che non comprendiamo sia accettabile.

Solo le persone non cambiano. E’ qui dove verte il problema.
Genti contro genti, non con i mezzi o le armi,
ma con i corpi contro i corpi, con i valori contro i valori.

Questa la vera miseria d’affrontare, da subire o pensare di risolvere e non arginare, per evitare la tracimazione generale prossima domani !
Ma viviamo l’oggi, e lo stiamo insegnando ai nostri figli come modello imposto, chi si potrebbe preoccupare di un ipotetico domani ?

Uno scenario di Zombi che invadono spazi dove cibarsi e vivere ?

O forse come qualcuno alla fine sentenzierà: la natura farà il suo corso e migliorerà le razze e le genti di ogni paese nel mondo. Mischiandoci per una convenienza pacifica in una qualità della vita comune a tutti (tranne all’1 % che sarà giunto a detener il 99% del patrimonio mondiali, abitando in una città galleggiante che chiamerà stato, con le sue regole forse lecite e consone per se stesso). Ripartendo da un minimo comune denominatore, su cui atterremo, che potrà tornare a farci crescere su altri presupposti.

Parametri che oggi non conosciamo e di cui invochiamo la perdita, nell’averli raggiunti ma prossimi a vederli sgretolati, per iniziare ad unirci ed amalgamarci nella stessa povertà, con un processo duro ed epocale.

Lo spero !


Ma che esperto sei

Provenendo da una formazione Informatica nell’affrontare il mercato Internet mi resi subito conto che i rispettivi professionisti sono agli antipodi nel curare alcuni aspetti e rispettivamente nel non curarsene. Per sommi capi:

Informatici: Oltre al processore, disponibilità della Ram, la velocità del disco ed i suoi errori sono le priorità da curare nell’analisi del problema.
Internettiani: Marca della scheda di rete, DNS, versione WEB, tipo di connessione per banda nominale disponibile.

Per cui, il primo non si cura dei problemi di comunicazione, irraggiungibilità del sito, aspetto, utilizzabilità , visibilità. Tutto si riduce alla velocità determinata da aspetti finisci incuranti del resto. Se il computer o il server è acceso e non da errori, il potenziale c’è ma non si capisce perchè sia inespresso.

Per i secondi la cura estetica è fondamentale , vive di brand e versioni, oltre ai MB di connessione disponibili. Il resto è inutile come controllare l’auto è un opzione remota da lasciare al meccanico.

Caso patologico sono i nativi digitali, che usano e si curano di come accada e non del perchè, convinti assertori del consumo di soluzioni con incostante fedeltà, alla ricerca continua d’assorbir e pavoneggiare indicazioni di tendenze da provare e gettare. Veri consumatori digitali più che nativi, a differenza dell’utenze generica. Quando qualcosa non va reinstallalo o cambialo, si vede che si è consumato, dove tutto è obsoleto !

Negli operatori di settore emergenti, a partire dall’esperto di comunicazione per passare dalla Web Agency, Grafic Designer, Illustratore o Video Maker per arrivare ai SEO e Social Media nelle varie accezioni, ci stanno tutte e tre le posizioni sopra indicate, forti anche di lauree e master delle canoniche Ingegneria, Architettura, Lettere e tutti i nuovi indirizzi sociale e culturali.

Ultimi e trasversali arrivati sullo scenario: l’ecosistema delle Startup e dell’innovazione, siglati a varia natura come DIGITAL WORKER. Tra loro nell’ecosistema suddivisi in startupper, mentor ed advisor, business angel e venture capital, accelleratori e incubatori.

Recentemente ho verificato che molti di loro,  non sanno cosa sia un dominio o un email, confondendo un programma di posta con una webmail, l’online con il cloud, un archivio con uno storage tutti ridotti a brand di tendenza: GMail, DropBox o OneDrive, Google Doc dove i formati dei file cambiano solo rinominandoli e dove stiano sono del link. I loro verbi sono partecipazione, coinvolgimento, sostenibilità ma se li guardi bene pensano sempre solo a se stessi ed al proprio interesse privi del minimo senso del dove e cosa fare. non Risultato del caos dei loro genitori, non conoscendo il passato sono affascinati dal futuro, in cui si trovano bene essendo tutto da disegnare. Senza il minimo interesse di lasciare traccia, in un mondo che non sanno manco loro come sarà.

Adattano tutti i termini a loro beneficio, facendo un mischiotto tra economici, tecnici, funzionali. Dove ogni termine assume connotazioni diverse.
A partire dalla home page che diventa la landing page, un indirizzo personale o dominio che diventa una Vanity URL, l’upload che diventano deploy per interi ambienti, programmi che sono sempre app, dove ambienti e linguaggi si mischiamo con un ignoranza diffusa che sta tutta dentro lo store. Frutto di frasi rubate o sentite, che diventano credenze e verità marmoree. Sempre in beta perenne alla ricerca dell’exit.

Una babele di nozioni e termini, che denota solo una ignoranza diffusa , la mancanza di fondamentale concetti e cognizioni, in cui tutti appaino con il solo scopo di esserci e passare oltre.

Confermata dal fatto che  puntualmente arrivi l’utente di turno, che chiede la soluzione al problema a chi ritiene un esperto e tuttologo. Di cui mi domando sempre:

Ma se devi curarti un dente lo chiedi al podologo ?
Tutto e tutto, come farsi curare da chi s’occupi di sanità, senza differenze di specialità, esperienze e professionali !

L’informatica non è una scienza esatta, “per definizione non sia mai un computer e un programma se faccia per sempre la stessa cosa”, ma l’uomo fa la sua parte. In questo mondo, dove si va non si sà da che parte e che direzione, dipendere da capisaldi cosi certi ne avevamo bisogno.

L’insegna della città dell’innovazione sembra dire: Salite pure sul carro, tanto siamo tutti incompetenti e tra ignoranti ci si intende. Non sappiamo dove andremo e dove arriveremo, ma nel frattempo siamo tutti sullo stesso carro, presenti e partecipi del ballo a cui forse non arriveremo mai.

Ci facciamo male da soli

Il supermercato strilla i suoi vantaggi ad ogni orario, al consumatore che può comprare sempre di più, ma solo l’indispensabile.

Quando ero piccolo il lattaio era chiuso: il Lunedi, il Sabato oltre ai festivi. Spesso la mamma di corsa doveva correre a passarci in orario d’apertura, visto che in pausa pranzo era chiuso e la sera ad una certa ora la serranda si abbassava. 

Ha iniziato il centro commerciale con l’orario continuato, aperto tutto il sabato per poi estendersi alla domenica e dilatando il suo orario. Lo ha seguito il supermercato grosso fino al più piccolo dettaglio che arriverà ad adeguarsi all’orario dalle 8 alle 20.
Dalla concorrenza il consumatore ne guadagna. Il conto del personale per coprire le 12 ore è aumentato portando a 1,5 volte l’incidenza ed il cartello annuncia 3000 buone ragioni per comprare qualcosa che costerà ancora meno.

Il postino portava le lettere a mano, l’entrata del condominio aveva il portiere, dal macellaio si faceva la coda. Telefonare alla fidanzata si pagava a tempo e la lunghezza del filo, nascosti in qualche angolo di casa, permetteva di poter sussurrare parole d’amore.

Spesso il latte scaldato con il pane era la cena, se il lattaio era chiuso senza latte si saltava, visto che la scadenza era breve, non esistendo la lunga conservazione. Il pane era un modo per non farti mangiare solo il prosciutto e spesso nel latte si usava quello divenuto secco del giorno prima. Tutti eravamo più poveri. Ma si costruivano case perchè tutte riuscivano a fare un mutuo per comprarla, l’auto di famiglia ci portava al mare per un mese intero.

Ora il benzinaio e il lava macchine è self service, arrivano le email e si risponde al citofono anche se stai altrove ovunque. Il lattaio e la droghiera non ci sono più. Nella via tutti i negozianti che ti conoscevano per nome e a cui lasciavi segnato da pagare sono spariti. I centri si svuotano ed i pochi negozi sono occupare da uffici di finanza e servizi. Cattedrali nel deserto rispettosi d’orario d’ufficio, fino a che la ristrutturazione aziendale li sostituirà con un call center da chiamare e un accesso via internet per rapportarsi. I corsi e viali sono percorsi da anziani che ricordano le insegne e l’economia della strada del quartiere di una volta. Un giorno non lontano la merce sarà un file da stampare e il traffico finalmente lascerà deserte di traffico le strade.

Dove è finita quella povertà che consentiva a tutti di studiare per diventare dottori, ingegneri, architetti. Dove s’occupano tutte le persone che facevano d’artigiani e commercianti, la classe media che faceva crescere l’economia e contribuiva a far crescere una generazione, dove ogni famiglia aveva più di un figlio.


Lo strillone del benessere invade le bacheche televisive ed i canali telematici, che arrivano secondo i desideri profilati nei social di turno per un “mi piace” al nostro cellulare, Nella tasca di ognuno collegato ad ognuno, per dirsi cose che sono parole o frasi ed immagini da leggere e condividere.

L’economia si è fermata ad un orario d’apertura, d’imprese che sono aziende sempre più globali. Alla ricerca continua della disintermediazione e terzializzazione dei costi di ogni processo. Gestite da manager la cui collaborazione è sempre in bilico precario sui budget o delle performance di borsa. Possedute da pacchetti azionari detenute dai fondi, che gestiscono i risparmi della nonna, pronte ad essere vendute per mantenere figli e pronipoti, alla prima performance eccezionale che recuperi sui titoli feccia in portafoglio e cartolarizzazioni in derivati atipici, carta straccia o soldi del monopoli.

La leva del vantaggio competitivo verte solo sul prezzo più basso forte del poter offrire lavoro in stage a giovani laureati, emarginando quelli prossimi alla pensione e che hanno figli e debiti da saldare in odore di diritti da rispettare e conquiste sociali che scricchiolano.

Chi sta dentro il castello, difende diritti che senza ricambio generazionale fan diventare grige sole stanche classi protere e privilegiate. Il singolo lavoratore non arriva a fine mese, se perde il lavoro scompare. La malattia è un costo che lo condanna. Lo studio è la prospettiva di un futuro sconosciuto, imprevedibile prospettiva da spiegare alle nuove generazioni che ne sono deluse.

Sempre meno ricchi più ricchi e sempre più poveri maggiormente poveri.

Una forbice che si allarga e che si riempie di migranti e concentra i cervelli in fuga in poli attrattivi metropolitani, per una nuova economia globale che estende la miseria diffusa è il costo del benessere o forse il danno del prezzo più basso da praticare ad orari d’apertura sempre più per compratori assenti o senza soldi.

Abbiamo l’elemosina alle porte di casa ed ogni angolo di strada, senza accorgerci che sta già invadendo le case, con nuove forme di sussidiareitá del benessere, forti che la concorrenza sia il miglior mezzo per migliorare il mercato, mentre lo stiamo distruggendo insieme a noi stessi.

La differenza tra dire e fare #verybello #stocaz2o

Per sviluppare il territorio dalle sue eccellenze, generando imprese ed occupazione, bisogna tirarsi su le maniche e darsi da fare. Coinvolgere attori in relazioni, che generano opportunità e lavoro, anche usando il digitale. Inefficace cercare soluzioni effimere nei “portali”, dove non si sà se si parta (per dove) o si arrivi da qualche parte.

Il compito del governo centrale o locale e territoriale, sembra continui a confermare il dar spazio ad azioni di marketing nel digitale (e non solo), con il dubbio che l’ignoranza continui ad essere lo spendere per soddisfare, senza reale beneficio immediato (resa) o futuro (d’investimento) al popolo contribuente, che lo consente con le proprie tasse pagate, il cui fine resti il consenso nella sola arroganza dell’autoreferenzialità.

http://mgpf.it/2015/01/25/verybello-le-mie-considerazioni-tecniche.html
http://mgpf.it/2015/01/25/verybello-le-mie-considerazioni-tecniche.html

Recente l’esempio rappresentato dal portale verybello.it . Una grafica e funzionalità dubbia (di cui alle note tecniche) sembra essere frutto della più leggera analisi nel costruire progetti di comunicazione.
Affidandosi ad “esperti consulenti di comunicazione e grafica digitale” forse da tempo fermi su schemi che del coinvolgimento e partecipazione (web 2.0) non hanno conoscenza.
Eleggendolo (con la registrazione del dominio, effettuato a nome degli stessi o riferendosi a utenti stranieri senza lingue aggiuntive, che ingrosseranno i soli 13 Ke già spesi) tra le peggiori storie della rete italiana (ricordiamo italia.it costato 40 Mke): frutto d’esperti e committenti reciprocamente a caccia di cassetto e visibilità, con progetti inutili e da incompetenti, che molti chiamano “portali”, degni di una borsa di studio in Internet dell’anno 2000.

Conferma dell’inutilità di un portali a se stanti nel turismo , lo spunto nel mondo reale già oggetto di un post , e’ evidente dall’analisi d’interesse sulla domanda già esistente, dove si può agire positivamente per costruire percorsi estesi a tutte le attrazioni, naturali e artistiche Italiani.

https://www.facebook.com/raimondo.bruschi/posts/10206317587678668

Per inciso: Dalla analisi infografica della foto allegata, si può dedurre che solo nel momento in cui si vende Sirmione o Venezia , i quali godono di maggiore visibilità e redditività sul turista straniero, si può abbinare la proposta di una visita a Pompei, che come analizzato non sta proporzionalmente nelle prerogative di scelta.
Opportunità che si può cogliere là dove accade, sul pc a casa del turista al banco dell’agenzia, ovunque si colga il sogno di un vacanza in Italia per Expo2015.
Dove, e mentre, si vende la panna montata “a forte domanda” si può cercare di associare il “pane”, per pur buono che sia, in proposte sinergiche d’esplicito bundle o indotto,  che se degustato con tecniche indotte potrà divenire cibo quotidiano. Prendere il cliente là dove compra non in una vetrina da presentare tra tante, che è la definizione edotta di un “portale a se stante” nell’accezione del caso.

Tradotto: Non si può sperare di vincere, sperando che il “nostro turista” digitando nel motore di ricerca, a casa sua in NewYork o Cina, sul suo PC “Expo2015” arrivi al “nostro portale” che valorizza la zona, i valori o prodotti gastronomici, ci trovi e preferisca come meta alla cara Sirmione o Venezia, ricordata nelle gondole sulla TV della vicina, cimelio del viaggio che fece in Italia.

E’ possibile ottenere risultati utilizzando il digitale come punto di partenza o di supporto, ma con sforzi e presupporti diversi, conoscendo la rete e i suoi meccanismi, che come per tutti i canali di vendita e promozione deve ragionare e soddisfare la condivisione d’interesse di molteplici attori, dando ad ognuno il proprio carico di sforzo e impegno di promozione, per ottenere una sinfonia di successo, che può avere o trovare da un sito web (o portale) il volano per partire o arrivare. 

Per non solo criticare chi fa, ma a testimonianza di come si possa fare :Concretamente realizzato da qualcuno che la rete la conosce
https://www.eccellenzeindigitale.it
– trovano spazio le testimonianze filmate, già sinonimo di tradurre investimenti in lavoro e creazione di nuovi patrimoni digitali da utilizzare e diffondere :
https://www.eccellenzeindigitale.it/storiedisuccesso
– formazione e opportunità di nuova occupazione e presidio del territorio con una rete d’esperti geolocalizzati e di tutto l’indotto che creino :
– Convoglimento di enti locali come le Camere di Commercio, regionali e centrali come Unioncamere e Mise, in un esperienza che scala e uniforma, oltre che amplificare :
https://www.eccellenzeindigitale.it/supportosulterritorio
– Che promuove l’export https://www.eccellenzeindigitale.it/export e le valutazioni interattive e specifiche :
– Soddisfando la sostenibilità economica e di diffusione del mezzo propria :
https://www.eccellenzeindigitale.it/ilmiopiano#/start1
ecc.. il sito “eccellezzenzeindigitale” è citato solo per farne un’esempio concreto
Seminare è un attività da sostenere, ma gettare il seme al vento sperando che trovi terreni fertili, è un peccato descritto anche nelle sacre scritture.

Alcune opinioni in rete : 

Matteo Giovanni Paolo Flora  in un’ analisi tecnica
Un suggerimento di Riccardo Luna il Digital Champions Italiano
Un post di Raimondo Bruschi.

Il grattacielo di Piazza Vittoria a cui sono legato da adolescenziali ricordi

Bigio_Piazza_Vittoria_BresciaRicordi dell’infanzia sono legati a questo grattacielo, costruito nell’epoca fascista in stile Impero della centrale Piazza Vittoria a Brescia.

Ho passato parecchio tempo  all’Undicesimo piano, da cui si domina tutta la città. Una panoramica di 360 gradi, grazie alle grandi terrazze che lo circondano, dotate di vasoni per le piante d’oleandro, il cui getto per innaffio spesso indirizzavo verso l’esterno, creando una pioggia per i passanti.Grattacielo-Brescia

Le cinque finestre a vetrate che davano sulla piazza, erano l’opportunità d’essere pulite in piedi sul cornicione, per dare spazio alla infantile sfida della soddisfazione di una prova di coraggio.

Composto da saloni con alti soffitti e scricchiolanti parquet di pavimento, in cui si diffondeva il silenzioso profumo di tessuti ed i rumori delle macchine della sartoria di mio padre.

Sono alcuni dei ricordi a cui sono più legato fino all’era della mia adolescenza, immerso in un benessere del lavoro artigiano che ancora oggi è il fondamento di molti valori.

Il link ad un approfondimento storico e architettonico
La visione da google street viewer

Vorrei vedere il Brescia Calcio fallire

Vorrei vedere il Brescia Calcio fallire
Sforzi e risorse per salvarlo, indirizzati altrove.

Provocazione per un contraddittorio che faccia crescere in altre direzioni

Premesso che il calcio, sia lo sport popolare, la passione di molti (sempre meno appassionati e spesso più sede di sfogo di frustrazioni e generatore di violenza, opportunità di fatturati e spese improduttive, ..bla,bla,omissis..) considerando che generi anche un indotto occupazionale e di lavoro…. detto questo, proseguo omettendo per non rischiare il linciaggio. 

La settima scorsa il sindaco della nostra Brescia, ha incontrato la tifoseria per rassicurarla dell’interessamento (giusto atto dovuto, nessuna accusa ad averlo fatto, nulla in contrario) nel trovare una soluzione alla crisi che potrebbe portare la squadra cittadina al fallimento (da sempre oscillante nelle due serie maggiori) ovviamente nella situazione di non potere contribuire economicamente, per cui senza poterci mettere un soldo.

A latere de:

  • una salvezza che si scontrerebbe con uno stadio caduto in pezzi da decenni, per contro d’un nuovo possibile nuovo palazzetto che sarebbe più utile a sport minori.
  • il coinvolgimento d’importanti imprenditori locali e di una banca Bresciana, che scendendo in campo dovranno arginare raccogliendo subito 4 milioni di Euro e qualche decina successivamente (dicono gli informati)

Mentre basterebbe forse anche meno, per soffermarsi ad analizzare questo progetto o altri innovativi, anzichè dedicare risorse e tempo ad una squadra di calcio. Per capirne studiarne il potenziale in più direzioni. Usando il caso specifico di OSvehicole :

  • una mobilità pubblica piu’ sostenibile per un automezzo elettrico (2.000 euro la scocca , 1.000 il motore e altrettanti a corredo) magari localmente prodotta. Mezzo con un costo totale di 6000 euro massimo, che potrebbero essere parte della flotta nella formula di car2go o enjoy a beneficio locale. Soluzione sostenibile nella pubblica e privata mobilità locale, o nulla vieta che siano i mezzi di una nuova generazione di taxisti (in risposta ad uber)
  • opportunità per un industria locale , seduta sugli allori d’un tempo. Stimolata a progettare con la facoltà d’ingegneria i modelli da produrre localmente, per una mobilità locale pubblica e privata. Uno stimolo professionale alla ricerca di nuovi materiali e designer, un nuova generazione di stampatori, assemblatori, meccanici e riparatori.

Creando occupazione, opportunità incomparabile con la prospettive di crisi crescente per industrie e lavoratori, che consenta a più famiglie di vivere in un ambiente più sano (mezzi pubblici e privati meno inquinanti). Destinando gli investimenti, oltre che ad un fine economico produttivo e commerciale di più ampio beneficio, potrebbero essere direttamente o indirettamente e parzialmente maggiormente utili ad un calcio più praticato, in ogni piccolo spazio o ad alternativi sport, con un palazzetto adeguato.

Non me ne vogliano i tifosi o l’indotto del calcio,
forse sarà vero che vivrò in in mio mondo, ma non riesco a capire

Vorrei incominciare a vivere: in una città intelligente !
Una città che coglie nelle difficoltà i vantaggi competitivi,
in un innovazione che proietti in nuove dimensioni,
in un contesto che pensi all’ambiente,
creando opportunità di lavoro per le sue aziende,
protesa a generare nuova occupazione.

Perchè solo cambiando si risolvono problemi che affliggono la città e la cittadinanza 

Nuove soluzioni per un nuova città
Nuovi spazi, per essere e ritrovarmi nella città in cui sono nato e vissuto, di cui sono orgoglioso. Forte di un contesto innovativo e non ferma a valori storici del passato, importanti, ma da mantenere a caro prezzo sociale. Per un prestigio che forse è il caso d’archiviare, che potrà forse avere spazio dalle ceneri di ciò che avremo il coraggio d’ammettere fallito